Una maratona di emozioni

11 Aprile 2023

E’ la mattina del 2 aprile 2023, sono le 7:37 del mattino. Il cielo è sereno e pertanto il freddo è pungente. Mentre monto lo stand della Fondazione ai Giardini Montanelli, aprendo gli scatoloni mi imbatto negli opuscoli sui quali campeggia il faccione di Pietro, con i suoi occhiali (sempre gli stessi) che ne esaltano i tratti rassicuranti del volto. Mi torna in mente il freddo andino di Anzaldo, molto più aspro ma meno penetrante di quello meneghino, che ogni mattina mi svegliava mentre andavo a piedi dal dormitorio all’ospedale dove Pietro ci aspettava per il giro visite ai malati.

Il mio momento amarcord viene interrotto dall’arrivo dei primi runners: alcuni hanno l’espressione tranquilla del podista navigato ed abituato all’atmosfera del pregara, altri fanno il possibile per nascondere quel misto di eccitazione e paura tipico di chi non ha ancora raggiunto la consapevolezza dei proprio mezzi. Il bello della corsa è questo: puoi sempre alzare l’asticella, puoi sempre fare meglio della volta precedente.

Ogni anno ciò che più mi lascia a bocca aperta durante questo evento è il vedere persone che a vario titolo sono presenti nella mia vita, incontrarsi in una mattina di aprile e parlare come se si conoscessero da secoli solo perchè accumunati dallo stesso intento: correre con la maglietta della Fondazione.

A questi si aggiungono perfetti sconosciuti che si sono aggiunti al gruppo per caso o dopo esser venuti a conoscenza della rocambolesca storia di Pietro.

Verso le 9:30 il freddo è solo un ricordo, le lettere A delle staffette sono pronte per entrare in griglia. Facciamo la foto sotto lo stand: siamo in troppi, l’obiettivo non riesce a prenderci tutti!

La marea nera si dirige verso la partenza e lì ci perdiamo dentro ai colori sgargianti delle magliette delle altre onlus. Sono presenti più di tremila staffette, più di dodicimila persone che correranno abbracciando un progetto benefico. E’ una sensazione indescrivibile, da pelle d’oca.

Parte la gara (sì, la gara, perché quando t’appendi il pettorale con le spille automaticamente scatta qualcosa nella testa che ti fa mettere il turbo e tirar fuori il meglio) e mentre percorriamo corso Venezia sentiamo gridare a squarciagola gli altri nostri compagni di staffetta che mi gasano ancora di più! Mesi di lavoro, di messaggi scritti per raccogliere adesioni e sponsorizzazioni, per convincere amici e conoscenti a cominciare a correre, per incastrare nominativi e frazioni per far stare in piedi le squadre, trovano finalmente compimento in questo uragano di emozioni che mi travolge. Troppe volte sento deridere chi corre o chi fa fatica facendo sport con frasi del tipo “Ma tu sei matto! Ma chi te lo fa fare! Ma tu non stai bene!”: quelli che non stanno bene sono loro, non hanno idea di cosa si stanno perdendo.

Al primo cambio staffetta i miei compagni di corsa decidono addirittura di proseguire correndo anche la seconda frazione! Sono eccitati tanto quanto me dall’atmosfera che si respira, è incredibile!

A metà della seconda frazione aumento un po’ il passo perché voglio arrivare al cambio in anticipo e godermi un po’ la compagnia dei presenti: tra loro alcuni amici di vecchia data che hanno rimesso le scarpe da corsa per l’occasione… sono stati tra i regali più belli di questa esperienza.

Al terzo cambio trovo ad attendermi coloro che hanno concluso la frazione solitamente riservata a chi ha appena cominciato a correre. Costoro non fanno nulla per nascondere la soddisfazione di aver portato a termine la loro prima impresa podistica. Trovo anche i runners più esperti in attesa del compagno, tra cui alcuni reduci da infortuni vari che non hanno rinunciato a partecipare. Mi suonano la carica verso il tratto più duro.

Durante l’ultima frazione mano a mano che mi avvicino al traguardo raccolgo compagni di avventura che con il loro supporto rendono meno dura la crisi del 35esimo km, durante la quale le energie si prosciugano e il corpo ti chiede di smettere. Il nostro gruppo diventa più numeroso, le magliette nere serrano i ranghi verso l’arrivo dove finalmente esplode la soddisfazione di tutti.

Io non ce la faccio a dire quanto sia unica questa esperienza, non ne sono capace.

Torno verso lo stand dove mi rendo definitivamente conto di quanto siamo numerosi: devo farmi spazio tra i presenti per arrivare a prendere la magnum di spumante tenuta in serbo per festeggiare!

Il resto del pomeriggio trascorre tra risate e battute sulla giornata, complimenti reciproci e brindisi per il risultato raggiunto: abbiamo raccolto al netto più di duemila euro da destinare all’ospedale e lo abbiamo fatto condividendo una gioia così piena che mi fa venir voglia di cominciare ad organizzare la prossima edizione. A proposito: esigo al più presto la vostra conferma di partecipazione.

Colgo l’occasione per ringraziarvi sia personalmente sia a nome di Pietro per aver partecipato: davvero non è scontato trovare persone di cuore disposte a impegnarsi per questa buona causa.
Vi abbraccio tutti, singolarmente.
Ci vediamo tra un anno, carichi come bombe atomiche.

Davide

PS: meritano una menzione speciale la mia famiglia e i miei amici più stretti, che si sono adoperati in prima persona perché questo evento venisse la figata che è stata. Grazie di cuore.

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