Alessandra quasi alla fine

5 Maggio 2016

Quando l’hanno trasportata in ambulanza da Toro Toro, quasi incosciente, Alessandra deve aver pregato molto per la propria vita e supplicato di trovare un ospedale in città aperto e funzionante che potesse bloccarle il sangue che da più di dodici ore perdeva profusamente e che si raccoglieva nel suo addome chiuso, causandogli forti dolori.

A mezzanotte e mezza, nel profondo silenzio della notte, l’ambulanza entra nel nostro portico dell’Emergenza. Il chirurgo estrae dalla fossa iliaca dell’addome una siringa piena di sangue.

La diagnosi è chiara: emoperitoneo confermato poi da ecografia e radiografia che chiariscono il sospetto iniziale di una gravidanza extra uterina rotta con un’anemia acuta in corso, da fermare prontamente e correggere. Non c’è più tempo per continuare la corsa verso la città, che da qui dista ancora più di un’ora e mezza e che, senza dubbi, metterebbe a rischio la vita della paziente.

Alessandra è una giovane ragazza di 21 anni che non sapeva di essere incinta, ne tanto meno immaginava che la crescita dell’embrione sarebbe avvenuta nella tuba di Falloppio ossia fuori dall’utero.

Sono passate circa venti ore da quando ha sentito il primo forte dolore localizzato nel basso ventre. Un dolore che non l’ha più lasciata, neanche nelle mani dei medici di Toro Toro che hanno aspettato l’arrivo della sua mamma, avvisata subito dopo e prontamente partita da La Paz, città molto distante da qui, arrivando sette ore dopo. La mamma racconta di aver visto la gravità della figlia e aver subito chiesto il trasporto d’urgenza in ambulanza all’ospedale più vicino. Lei è salita in ambulanza accanto a sua figlia. Quei chilometri che la separavano dalla città furono eterni; contava i minuti, guardava la figlia peggiorare, con tanta paura addosso, la paura di non farcela, perché la figlia, ormai sempre più pallida, non rispondeva e diventava incosciente. Quando è arrivata da noi, la più spaventata a scendere dall’ambulanza era la mamma, che ci implorava di fare tutto il possibile per salvare la sua unica figlia. In barella la giovane è bianca come un foglio immacolato dove non è ancora stato scritto nulla.

Anche a noi serve molto impegno per scrivere questa nuova storia.

Di corsa si entra in sala chirurgica e intubo deciso con la pressione bassissima e con i liquidi che abbondanti entrano dalle due braccia con forza, per mantenere la vita che se ne sta andando. Alessandra ha bisogno di sangue, e lo togliamo all’amico che l’accompagna. Orazio, il giovane chirurgo venuto in questi giorni per completare la sua esperienza, e appoggiarci come volontario, taglia sicuro il basso addome e trova un lago di sangue che risucchia con l’aspiratore, raccogliendo nel vaso un litro e mezzo di sangue e con la mano estrae dalla cavità addominale abbondanti coaguli. La pulizia permette di vedere una tuba rotta e sanguinante, dove si era annidato il prodotto del concepimento. Molto velocemente Orazio chiude la perdita dl sangue come se stesse chiudendo un rubinetto e i valori della pressione cominciano a cambiare; la pressione risponde e si innalza fino a raggiungere valori rassicuranti. L’orologio segna le due e mezzo del mattino quando esco dalla sala chirurgica. Attorno, solo il silenzio avvolgente e oscuro della notte. Ripenso dentro di me quanto appena accaduto e mi chiedo perché abbiano aspettato tanto a metterla nell’ambulanza per trasferirla. Vederla così pallida, bianca, mi fa capire la disperazione della madre e quei tremendi minuti della corsa furiosa dell’ambulanza per salvargli la vita. La mamma, sballottata dalle curve prese velocemente dall’autista dell’ambulanza lungo le interminabili salite e discese che portano ad Anzaldo, si ricorderà di quegli interminabili minuti per raggiungere il primo ospedale che potesse operare sua figlia, e terminare così quell’incubo.

Mi sento soddisfatto e onorato dei complimenti e della gratitudine della madre per averci trovato in questi posti sperduti e impensabili, con un servizio chirurgico funzionante, che oggi ha salvato la vita della sua preziosa figlia.

Questo Ospedale, tra un paio di settimane raggiungerà i trent’anni di attività. Mentre la mia mente rivive questi ricordi ed emozioni, mi sento bene e grato per tutto quello che siamo riusciti a fare in tutti questi anni.

Alessandra è una persona che si ricorderà di noi per tutta la sua vita, così come tutte le altre persone che qui, in un posto impensabile, lontano da tutto, in un disperato momento di sofferenza e dolore, hanno trovato un appiglio per aggrapparsi alla vita.

Pietro Gamba

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