E se toccasse a me?

1 Aprile 2010

Ricordo la prima volta che ho visto Emilio stava, con la colonna fratturata, accasciato sul sedile posteriore di una jeep, guidata dal suo datore di lavoro che l´aveva portato d´urgenza in ospedale dopo un incidente avvenuto sul lavoro. Stava caricando un camion di sabbia di silice quando improvvisamente si è staccato un pezzo di parete investendolo; l´hanno soccorso quando alcuni lo davano già per morto. Vedendolo in coma con le gambe prive di riflessi ma che ancora respirava, ho deciso che fosse trasportato a Cochabamba con lo stesso mezzo. Dimesso dall´ospedale circa un mese fa con un´infezione urinaria, la moglie me l´ha affidato. Stava nel letto abbattuto e perso. 

Mi sono subito tornati in mente tre campesinos che come lui avevano una lesione midollare, immobilizzati a letto senza il controllo della parte inferiore del corpo, che sono tutti deceduti. Il proprietario della cava di silice aveva aiutato Emilio pagando l´intervento in città, ma poi i medici e l´assicurazione gli hanno voltato le spalle, ributtandolo nella lotta da solo.

Trentacinque anni è il bello della vita, quando sei forte, giovane, in salute, padre di tre figli e con tanta voglia di vivere. Probabilmente i pensieri che mi sono venuti sono gli stessi che sono passati nella testa a Emilio. “Chi mi aiuterà? Chi aiuterá i miei figli? Ce la farò a lottare da solo in queste condizioni? si è o era meglio la morte istantanea?” Eppure questa è la vita, il mistero che tutti dobbiamo affrontare con tutti i suoi problemi fino alla morte! Per chi crede c´è la Fede in quel Signore che non abbandona, che è presente con la Provvidenza. Nelle silenziose notti di Anzaldo mi mettevo nei panni di Emilio. E se fosse toccato a me? Il Signore ci invita al nuovo “sentire” con segni, con prove, ma questa è una prova grande! Avvicino Emilio sempre in silenzio, fino a meritarmi il suo sorriso, per evitare la frustrazione. Parliamo di come evitare l´infezione, di come fare a riportare la speranza e la fiducia nella vita. Gli parlo con il cuore della mia preoccupazione perché non si lasci andare come Alberto, Julian e Juan, paraplegici come lui che ci hanno lasciato ancora giovani per non aver avuto la forza di superare la prova.

Ma gli parlo anche di Jacinto, da anni sulla sedia a rotelle, che ha dimostrato a sé, alla sua famiglia e a tutti di riuscire a farcela e ad essere indipendente. Egli è giostraio e gira con la sua casa-camion per le sagre di paese, dando un preciso obiettivo alla sua vita: raccogliere quanto è sufficiente per comprarsi prima un terreno e poi la casa a Cochabamba. Di recente ha fatto un incidente e il vecchio rottame da lui modificato, saldando sul volante artigianalmente tutti i comandi dei piedi, è andato distrutto, ma per fortuna Jacinto ha salvato la vita. Storie che qui parlano di coraggio, di valori, di voglia di farcela.

Ora tocca a Emilio, meglio, tocca a noi con Emilio. Se lasciato solo, è difficile che riesca umanamente a farcela! In Italia mi dicono che un paraplegico si segue almeno un anno in centri di recupero ospedalieri per favorire il suo recupero, assistendolo poi anche a casa sua con fisioterapisti, infermieri e personale di sostegno. Anche qui, forse più che da altre parti, si tocca la mano della Provvidenza: arrivano di passaggio Marisa e Ivan del Friuli-Venezia Giulia. Sono fisioterapisti. Li informiamo sulla situazione di Emilio, lo avvicinano e iniziano subito a insegnargli i primi esercizi. Viene messo sulla sedia a rotelle e viene portato fuori dal letto e dalla stanza. E la speranza rispunta forte!

Ora lo sosteniamo in ospedale incaricando il nostro personale di far eseguire ad Emilio precisi programmi riabilitativi con esercizi differenti da fare nelle diverse fasi della giornata, ponendo una particolare attenzione alla sua alimentazione. Gli obiettivi da raggiungere sono chiari. Si decide di trovargli anche un lavoro che lo occupi durante la giornata: imparare a tessere a mano, aiutare nei piccoli servizi per la cucina come pelare le patate o sbucciare i piselli. Il personale e noi tutti siamo a sua disposizione perchè cresca la speranza. Questo è quanto vorrei facessero per me se fossi Emilio. E questo è quanto si decide di fare per lui.

Dott. Pietro Gamba.

Pietro

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