Il Coronavirus in Anzaldo

25 Luglio 2020

Dopo che Donata è stata dimessa, come già Juan e Felix, che stanno bene dopo essere stati operati nel quadro della campagna gratuita di interventi chirurgici per volvolo intestinale, in Ospedale sono arrivate le prime persone affette da Covid 19.

La prima persona che si è presentata in Ospedale con sintomi sospetti è stato il Sindaco del paese, don Ruben. Nei primi giorni di luglio, egli è arrivato alla porta dell’Emergenza in condizioni fisiche compromesse e con il fiato corto. La sua positività è stata rapidamente confermata dal test sierologico effettuato nell’efficiente laboratorio di mia moglie Margarita (Macchi) e dalla radiografia ai polmoni.

Iniziava con lui la lotta del paese contro la malattia Covid-19, da noi fino ad allora sconosciuta anche se già se ne sapeva la pericolosità, dato il quasi mezzo milione di morti che ha finora segnato il suo passaggio nel mondo.

Questo caso ci ha messo di fronte alla cruda realtà del peso che deve sopportare il paziente condannato a una vita insopportabile dall’impossibilità di essere operato una seconda volta. Si è imposta quindi la necessità di un programma di interventi per restituire la naturale funzionalità dell’intestino. Consultandoci con i professori italiani, il problema dell’impossibilità per il chirurgo di cucire manualmente è stato risolto ricorrendo allo “stapler”, la suturatrice meccanica.
In questo modo è stato possibile eseguire il secondo intervento su Juan. Il dottor Walter Antezana, esperto chirurgo boliviano, ha usato lo “stapler” per ricucire i due monconi in uno spazio ristretto della fossa pelvica. Ora, al terzo giorno dall’intervento, sembra che i punti metallici tengano e c’è la speranza che Juan possa tornare presto a una vita normale, riavvicinandosi alla sua famiglia e reintegrandosi nella comunità.

Juan vive nella comunità di Quebrada Onda, in una vallata che offre un panorama dove tutto sembra fermo al giorno della creazione. La strada carrozzabile si ferma molto prima, e per raggiungere la sua casa occorre camminare su sentieri appena tracciati. Per l’acqua si deve scendere al fiume, distante più di un’ora di cammino.
Ma per Juan dopo l’intervento la vita è un calvario di rifiuto e solitudine. Lui racconta piangendo che, da quando l’intestino scarica senza preavviso nel sacchetto laterale all’addome, la moglie lo rifiuta, la comunità lo ha esonerato dalle riunioni obbligatorie che sono un momento importante per la vita sociale, fondamentale per mantenere il senso di appartenenza. Rifiutato da moglie e figli, messo ai margini dalla comunità, a posteriori ha finito per dare ragione alla moglie quando essa diceva che era meglio lasciarlo morire invece di operarlo e fargli poi subire l’isolamento famigliare e sociale.
Juan si era ridotto a condurre una vita randagia. Viveva come un cane, nutrendosi unicamente di un pugno di mais. L’addome lasciava vedere un’ernia del moncone intestinale da cui fuoriuscivano le feci. Insomma la chirurgia l’aveva salvato dalla morte, ma l’aveva condannato all’isolamento come fosse un lebbroso.

Ruben, che era accompagnato dalla moglie, è stato isolato nella propria casa con la prescrizione delle cure per il trattamento dei sintomi; intanto si è cercato di attivare il Centro Pubblico di Salute del paese che avrebbe dovuto assicurargli l’assistenza. Fra l’altro, i circa 40 addetti comunali alla salute dei cittadini dipendono proprio da lui.

Ma “lamentablemente” (parola equivalente al nostro “purtroppo”, e che qui si usa spesso…) non abbiamo trovato nessun medico e nessuna infermiera della Salute Pubblica in servizio, nessuno quindi che si facesse carico della sua assistenza, anche solo dotandolo di un concentratore di ossigeno come previsto per questi casi.

Di fronte a questa latitanza, il paziente è stato seguito da noi, che lo abbiamo giornalmente controllato nell’evoluzione della malattia e nel trattamento. Fortunatamente don Ruben non ha avuto bisogno del ricovero in Ospedale. Tra poco gli verranno fatti un nuovo test sierologico e un’altra radiografia ai polmoni (la cui condizione è nel frattempo migliorata rispetto all’inizio delle cure) perchè possa riprendere la sua attività.

Dopo il sindaco molte altre persone, soprattutto i lavoratori che stanno asfaltando la strada fra Anzaldo e il capoluogo Cochabamba, hanno subito il contagio. Anche questi dipendenti di una impresa pubblica, pur avendo una copertura assicurativa per la malattia, si sono trovati come il sindaco senza medici e senza assistenza.

I tentativi di avviare una collaborazione per gestire l’emergenza sono rimasti senza esito, e sia il Centro di Isolamento che il Centro Covid 19 per l’assistenza esistono tutt’ora solo sulla carta. Quindi chi viene contagiato viene isolato nel proprio ambiente domestico e seguito telefonicamente. Chi dovesse peggiorare è affidato alla “suerte”.

Anche la situazione nel nostro Ospedale è diventata improvvisamente anomala dopo che tre infermiere (delle quattro che vi lavorano) sono risultate positive al test sierologico. Queste infermiere dovevano tornare per turno di riposo alle loro case, ma per evitare di allargare il contagio nelle loro famiglie, sono state isolate in una piccola dipendenza a lato dell’ospedale, evitando ogni contatto con il resto del personale e con i pazienti. Ora, dopo una decina di giorni, non presentano sintomi gravi e sono in trattamento.

La squadra operativa dell’Ospedale, colpita nel corpo infermieristico, è al momento attiva con la mia persona, mia moglie Macchi in laboratorio con un biochimico, il Dott. Antoine e una giovane Dottoressa che rafforza il gruppo.

Dagli inizi la nostra decisione è stata quella di mantenere l’Ospedale attivo e preservato dal contagio per le Emergenze. In queste ultime due settimane si sono presentate quattro emergenze gravi, tutte provenienti dalla nostra area e risolte con interventi chirurgici d’emergenza; queste persone da noi operate non avrebbero avuto alternative, in città tutti gli Ospedali sono sovraffollati, con molti contagiati e con prezzi quadruplicati, quando pure si trova il servizio. Con la chirurgia d’urgenza si sono risolti la colecistite acuta di una giovane donna che si era presentata piegata in due dal dolore, un grave ascesso epatico e un volvolo intestinale complicato. È dell’altro giorno un intervento per emorragia acuta su una donna di 35 anni arrivata allo stremo per carenza di sangue, causata da un mioma uterino visibilmente sanguinante, risolto con trasfusioni e un’isterectomia.

Ora la sfida che dobbiamo affrontare è quella di preservarci dal contagio rimanendo in azione!

Oggi si celebra la festa patronale di “Santiago”. Secondo la tradizione al “Santo” non si possono far mancare la “chicha” e soprattutto la festa che, seppur ridotta in casa, significa ritrovarsi tra amici e parenti vari.

Difficile far capire che il virus si serve del contatto fra le persone per diffondersi, e che non rispettare le regole basiche della mascherina, della distanza e del lavare frequentemente le mani può diventare pericoloso.

L’impressione è quella di essere al quindicesimo del primo tempo, in una partita di calcio. La partita è ancora lunga, l’avversario è fortissimo e le difficoltà non mancheranno.

È di oggi la prima vittima confermata di Covid -19 ad Anzaldo, una anziana signora.

Intanto aspetto tra una settimana l’arrivo di 400 test sierologici per la prova rapida Antigenica Covid, che ci sono forniti grazie alla collaborazione decisa e puntuale di amici italiani che si sono dimostrati pronti nel sostenerci, come sa fare la Provvidenza.

Da parte nostra mettiamo ogni sforzo e tutta la buona volontà per compiere il nostro dovere di esseri umani, medici e cristiani secondo il motto: “Euntes curate infirmos” (Mt.10,7-8).

Questa frase la ricordo scritta, a grossi caratteri, all’ingresso del collegio CUAMM di Padova dove mi sono formato come medico. Lo scritto è stato voluto dal fondatore, lo scomparso Prof. Canova, da me conosciuto e tenuto in alta stima come amico.

Andate e curate gli ammalati è il messaggio del Vangelo per la missione. È l’imperativo di essere attivi e di non aver paura. Chi invia rimane certamente a fianco e vicino perché ogni cosa abbia un finale di Bene.

Dott. Pietro Gamba

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