Inno al volontariato

12 Febbraio 2020

Da pochi giorni, Giulia è partita da Anzaldo, dove si è fermata nell’ospedale come specialista in Medicina d’Urgenza. La prima volta venne ad Anzaldo nel 2014, appena laureata, e si unì a noi in un fine settimana già programmato: un’escursione al Rio Caine, in posti fino ad allora sconosciuti (vedi l’interessante newsletter del 17-03-2014). Poi è ritornata al secondo anno di specialità, nel gennaio 2016, quando si è potuta incontrare con il dott. Stefano Geniere Nigra, arrivato dall’Argentina per vistarci una seconda volta e per fermarsi una settimana, quando stava terminando la specialità di Medicina d’Urgenza in Italia. In quell’occasione siamo andati assieme a Caraci, per incontrare Carla, la dottoressa ora impegnata nella città di Potosì come specialista in Pediatra (vedi newsletter del 15-02-2016). E quest’anno, Giulia si è ripresentata per la terza volta, dal 12 gennaio all’8 febbraio, per il tris in Anzaldo.

Gli anni passano veloci, ma ci lasciano il tempo per valutare ciò che si sta facendo e avanzare alcune buone considerazioni.
La prima considerazione, è la bellezza di vedere che ci sono alcuni giovani che ritornano, dimostrando che non sono arrivati da noi solo di passaggio o per una piacevole visita turistica, ma per darci una mano professionale e competente, più matura dei primi anni, quando si affacciavano curiosi e senza responsabilità.

La seconda è che sia Giulia sia Stefano sono parte attiva della nostra Associazione, impegnati per dare il loro contributo nel posto dove esercitano e lavorano. La prima presto sarà specialista nel Lodigiano e l’altro è specialista a Cesena, luogo ormai a me familiare, per gli amici romagnoli che da una decina di anni organizzano ininterrottamente una cena solidale con più di duecento persone, coinvolte nella nostra Opera.

L’ultima considerazione, la più valida e importante, è che Giulia, quest’anno, ha voluto approfondire con competenza, servire e far partecipe tutto il nostro personale con cui giornalmente ha collaborato. Senza ostentare il distacco della persona che viene da lontano o da altri mondi, infatti, si è mostrata uguale a tutti, facendo passare con semplicità e disinvoltura un’azione solidale di aiuto e attenzione al malato, con tutti i problemi giornalieri da affrontare.

Giulia si è attivata, in forma personale, preparando una simulazione per aggiornarci sul modo migliore per intervenire nel caso di un eventuale arresto cardiaco e respiratorio. Ci ha riuniti tutti, dopo un ripasso teorico, sorprendendoci con la simulazione di un fatto grave, e interrogando ciascuno di noi su come avremmo agito di fronte all’emergenza. Alla fine dell’esercizio tutti sono rimasti soddisfatti, e ora resta il ricordo della sua preziosa iniziativa. Quando ci troveremo in quelle situazioni di emergenza, faremo tesoro della sua esercitazione, e lei, pur essendo in Italia, ci sarà vicina, senza avere conoscenza dei frutti dovuti al suo impegno con noi. Questo e altro ancora, è ciò che ci lascia.

In cambio, noi le abbiamo mostrato il modo che adottiamo per avvicinarci opportunamente al paziente, conoscendo qualcosa della sua lingua e della sua cultura, senza mostrare alcuna pretesa e senza imporre un diverso modo di pensare, dovendo a volte rispettare la fretta di chi proviene da molto lontano, magari contando i giorni necessari per arrivare da noi, con la speranza di trovare una soluzione ai problemi di salute e donandoci la loro completa fiducia. Chi viene da noi cerca solidarietà, competenza diagnostica e un trattamento efficace. Il mio sincero desiderio è che Giulia, dopo essere stata qui, mantenga questo modo diverso di avvicinare il paziente, senza mostrare la stanchezza che a volte anche il medico sopporta, senza lamentarsi per il disturbo fastidioso, senza far sentire l’indisposizione, quando uno si presenta con il suo problema fuori orario o in modo inopportuno. E che tutto ciò possa essere esempio per altri.

La Medicina più vicina alla persona è quella che riesce a far capire che sei disponibile, che sei vicino al dolore, che ti occupa e preoccupa, che ti rende partecipe dello stato d’animo della sofferenza, quando non è facile trovare una soluzione. Questo è un dono che il malato ci offre per farci entrare nel suo mondo, per permetterci di fare del bene e sentirci più umani.

Tutto il mondo ha bisogno di ritrovare una Medicina più personalizzata e più umana, affinché l’ospedale non diventi un’azienda per produrre risultati lontani dalle persone, ma sia un luogo di umanità. Il nostro compito è quello di raffinarci e perfezionarci al meglio nell’arte del voler bene alla persona, che ci avvicina e ci cerca con la giusta speranza di trovare in noi qualcuno che, oltre a farmaci, sappia somministrare fiducia e speranza, che sono ingredienti di vita che c’innalzano. Per queste poche ma importanti considerazioni, mi sento di abbracciare e ringraziare Giulia che ci ha dato un buon esempio.
Questo modo di agire, che le auguro di portare ai malati che incontrerà in Italia, è la vera arte di essere medico, che ha tante ricchezze e dà grandi soddisfazioni .

Dr. Pietro Gamba
Direttore “Centro Medico Quirurgico Fundación Pietro Gamba”
Anzaldo – Bolivia

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