Marco Colonetti racconta la sua visita in Anzaldo

14 Novembre 2014

28/10/2014 – 17/11/2014

Cerco di liberare la mente e concentrarmi solo sulle emozioni che questo viaggio mi ha lasciato, ma la mente va subito a quel pomeriggio dove tutto è iniziato.

Sapevo che Antonio doveva partire per la Bolivia, il suo impegno per la Fondazione Pietro Gamba mi era noto da tempo, ma non immaginavo che mi avrebbe toccato cosi da vicino.

Questo per dire che la mia scelta di viaggiare fino in Bolivia non è stata pensata, studiata, ragionata ma è venuta cosi all’improvviso, come un temporale di fine estate che arriva veloce e che alla fine ha stupito anche me.

Mi sono lasciato prendere dal cuore, da un sentimento che e’ scaturito sincero e che ho lasciato uscire senza pensare troppo a cosa sarebbe stato vivere là, dall’altra parte del mondo per tre settimane, cosi quel pomeriggio, ho detto SI ad Antonio ma soprattutto ho detto SI a me stesso.

Nei pochi giorni trascorsi nell’attesa della partenza non c’è nemmeno stato il tempo di pensare a cosa avrei visto. Ora, a conclusione di questo viaggio, le cose da raccontare si sovrappongone nella mente, persone luoghi emozioni vissute in queste tre settimane in modo intenso e completo.

Ma una mi ha colpito e lasciato un segno indelebile: la vita del “campo” quella che vivono ancora oggi milioni di campesinos, uomini, donne, vecchi, bambini, sparsi in un territorio immenso fatto di vallate profonde che scendono a picco verso fiumi sinuosi, e di altopiani che si perdono lontano all’orizzonte confusi tra il colore ocra e l’azzurro del cielo.

Qui, in questo territorio difficile, queste popolazioni ancora oggi vivono la propria vita appesa a un filo, quello della sopravivenza quotidiana nella consapevolezza che ogni giorno deve essere conquistato con enorme difficolta’.

Ecco, lì, incontrando gli sguardi di queste persone, di questi bambini, guardando nei loro occhi scuri e profondi ti senti colpito e impotente.

Loro non ti chiedono niente, anzi, se riesci a superare la loro normale diffidenza verso i “gringos” ti accolgono nella loro semplice casa, spesso fatta ancora di mattoni e paglia sul tetto, e ti offrono tutto ciò che di più caro hanno, il loro cibo e la loro “cicia” da bere. E sempre con quel sorriso che ti lascia stupito ed attonito.

La semplicità della loro vita ma allo stesso tempo quello sguardo pieno di dignità e fierezza, di chi nel tempo ha sconfitto i grandi “conquistadores” spagnoli, tutto questo ti fa capire quanto la poverta’ in cui vivono sia dignitosa.

E allora ti rendi conto di quanto sia importante non lasciarli soli quando chiedono aiuto. Quanto sia importante che ci siano ancora persone, come Pietro, che si mettono a disposizione affinchè tutto ciò che il progresso ha portato, non vada solo a chi ha la fortuna di vivere in un luogo “civilizzato” ma possa andare anche a queste persone che con grande dignità e forza vivono ancora oggi ai margini del mondo.

Ed è bello vedere che, per chi opera qui, ad Anzaldo, non solo questo è importante, ma anche il semplice gesto di una carezza o di una parola gentile significa dare dignità e “cura” a queste persone.

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