Martin, il loco del villaggio

25 Gennaio 2016

Stamattina, al risveglio, sulla porta mi ritrovo Martin.
In paese è conosciuto da tutti come il “loco” del paese. Gira racchiuso nel suo “poncio” marrone, con un cappello sgualcito, datato di anni e sempre quello da quando lo conosco.
Ha un’età indecifrabile, ma si può pensare arrivi ai settant’anni.
Tutti in paese lo tollerano, alcuni gli rivolgono la parola, altri gli danno un po’ di coca da masticare, altri lo ignorano.
Di lui si dice di certo, non ha mai fatto male a nessuno.
In quechua, nella sua lingua madre che esprime a suo modo e senza completare una frase composta o di senso, lo senti parlare da solo, a viso basso. A volte sorride da solo e si esprime con richieste, le uniche che lo obbligano a guardarti in faccia, e, a volte, sembrano ordini perché in quechua usa l’imperativo.

Solitamente chiede cibo, soldi per la coca o per la “chicha”, la bevanda alcoolica prodotta dal mais che si vende all’osteria del paese.
Non è un alcolizzato, e neppure un violento. Al contrario è un pacifico, un uomo libero che, per il suo frastorno psichico dalla nascita, si comporta differentemente da ogni altro.
Solitamente non ringrazia quando gli dai qualcosa, come non dovesse nulla a nessuno.
Prima aiutava nel lavoro dei campi, per il compenso del cibo e la coca che gli venivano offerti. Ora, invecchiato, tira a campare nel paese, alimentandosi di quello che gli danno alcune persone, quasi sempre le stesse.
Noi dell’Ospedale siamo per lui un punto di riferimento e lo troviamo spesso fuori dalla nostra cucina ad aspettare la sua razione che è sempre garantita. Poi ci sono periodi che non lo si vede più e sembra ci manchi.
Certe notti, soprattutto di luna piena, si fa sentire con il suo grido, che sembra un forte spasmo di singhiozzo che emette contorcendo con salti in avanti tutto il corpo.

E’ un urlo caratteristico e unico che nel paese tutti riconoscono quando, soprattutto nel silenzio notturno, diventa come il ringhio di qualche animale ferito. Sono i suoi attacchi spasmodici, isterici, che ogni tanto lo assalgono lasciandolo sfinito dallo sforzo che fa per ripetersi nelle contrazioni muscolari di tutto il corpo, facendo seguito al suo frenetico grido.
Consuma così tutte le sue forze per dare libero sfogo ad una mania spasmodica con i pugni chiusi che stira con il corpo, come dover reagire a un nemico che lo perseguita.
Quando è sotto questo effetto, non risponde a nessuno ed è tutto concentrato nella lotta che lo impegna, con lo sguardo fisso in avanti, come spiritato e come dovesse lottare con strani esseri che solo lui vede e deve intimorire con urli di ringhi spasmodici che emette con salti decisi di attacco e con movimenti violenti delle braccia.
Quando gli succedono queste reazioni, per chi non lo conosce, incute paura.
Per i bambini dire che arriva il “Martin” è motivo di paura e le mamme lo usano per incutere il necessario timore per farsi obbedire.
E’ normale quindi che i bambini gli stiano alla larga perché fin da piccoli lo sentono strano e pericoloso per i suoi versi.
Stamattina inusualmente mi chiede una forbice.
Per non contraddirlo, accontento il suo desiderio strano e di seguito mi chiede anche uno specchio che poi trova nel retrovisore dell’ambulanza.

Non capisco cosa abbia in mente. Senza perdere tempo mette le forbici nella sua barba da solo, segno di una certa cura per il suo aspetto fisico e per non apparire troppo incolto.
E’ proverbiale, qui da noi, la sua resistenza al freddo! Nelle notti più fredde d’inverno lo troviamo seduto in un angolo dell’entrata in Ospedale, sotto il portico dell’Emergenza.
E’ quello il suo posto che ha scelto e nessuno da li lo riesce a muovere. Il freddo d’inverno va sotto zero e lui rimane seduto per terra rannicchiato nel suo “poncio” rifiutando qualsiasi aiuto come un comodo letto o delle coperte per coprirsi. Noi tutti diciamo: “cose da pazzi!”
Forse i pazzi vogliono dirci qualcosa che non riusciamo a capire e decifrare rapidamente.
Di certo qualcosa di buono Martin dimostra avere nella sua libertà di non dipendere da nessuno. In tutti questi anni, non ha accumulato precedenti di offesa o di aggressione verbale o fisica per nessuna persona di Anzaldo.
Vive, come personaggio, benvoluto nel paese e nell’Ospedale.

Pietro Gamba

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