Piccole gioie del sapore quotidiano dell’ ospedale

7 Luglio 2015

Mi chiedo quali siano i momenti migliori, quelli che mi riempiono e che mi danno nuova forza ed entusiasmo, per poter assaporare il bello che vivo ogni giorno.
Rispondo prontamente: i momenti belli li sento quando il cuore sa ancora gonfiarsi di gioia e intenerirsi per una ricarica di buone emozioni! Sono piccoli momenti, che per alcuni non sembrano di grande importanza ma, per me, sono di alto significato per la soddisfazione e la pienezza che mi lasciano.
Un momento tenero e sostanzioso è l’avvicinamento che trovo spontaneo e che mi impone di fermarmi, rallentando il passo della corsa giornaliera, per incontrare le persone che aspettano di essere attese, al bordo della strada che passa per l’Ospedale (avenida Italia) mentre l’attraverso varie volte al giorno, per andare dalla mia casa (normalmente dalla cucina del caffè) all’Ospedale.

Oggi incontro una famigliola di campesinos ,venuti dalla loro comunità per farsi curare, che hanno portato i loro prodotti come merce di scambio. Sono seduti sotto una pianta del viale e stanno mangiando patate per terra. Nel fagottino ci sono solo patate di dimensioni molto piccole, quelle che nel solco della raccolta non si ha molto piacere a raccogliere. Me ne porgono alcune, insieme al mais bollito che è saporito, il tutto provato insieme a loro. Le patate più grosse, sono già finite e sono servite per ricavare qualcosa dalla vendita.
Mi fermo in una giornata fredda ma con il cielo limpido e azzurro terso con il sole luminoso del nostro inverno.
Mi sembra un bel quadro al quale partecipare e da condividere, così chiedo loro da dove provengono per capire la distanza che li separa in km. e in ore da qui.
Mi rispondono che sono venuti a curare la mamma, dopo il brutto incidente della “cornata” del toro che li ha fatti impaurire. Nel giorno tradizionale di S. Juan, quando gli animali vengono tinti, probabilmente il toro grosso non ha gradito il rosso e si è infuriato reagendo e infilando un suo corno tra l’addome e il polmone della padrona.
La signora è stata curata da noi e fortunatamente senza complicazioni ulteriori. Ora viene per il controllo programmato. Sta bene e mi offre quattro minute patate bollite da pelare (il papa wayku) che assaporo con gusto per la loro estrema semplicità e confidenza.
Poi mi racconta che stanno mietendo il frumento, tutto a mano. Il marito è più anziano di lei. Ed è ancora chino sui campi, per lo stesso lavoro di sempre, ininterrotto. Quello che ha sempre fatto e sa fare bene già dalla nascita.

I suoi figli sono emigrati tutti in città in cerca di un futuro migliore diverso dal suo…
Oggi ritornano a visitare i campi con la moto, che non è un mezzo usato solo per ostentare una posizione raggiunta ma, per caricare nella parte posteriore del portapacchi i sacchi di frumento raccolti che sono costati fatica e sudore del loro anziano padre rimasto contadino. Ogni anno con il passare dell’età che avanza, è sempre più faticoso produrne la stessa quantità. Il padre mi dice che ora, il terreno coltivato è meno della quarta parte di quello che sapeva produrre quando era giovane e la fatica la sentiva in modo minore rispetto ad adesso.
Così mi ricordo la mietitura da piccolo che, per noi bambini, era una festa nei campi e accompagnata dai bei giorni di sole del mese di giugno italiano nel cortile con le prime trebbiatrici. Nei campi biondeggiava il frumento con i papaveri e i fiordalisi e i contadini, in canottiera e cappello di paglia, sudavano chini tra le spighe di frumento che abbracciavano per fare i covoni che venivano poi portati nel cortile per la trebbiatura con il ” macchinone “. Il tempo era caldo e allegre erano le canzoni di quel tempo che ancora ricordo e che l’intera famiglia cantava mentre tutti aiutavano.

Proseguo e mi chiamano perché, mentre me ne sto andando, ritorni indietro per stare con questo gruppettino famigliare. Mi vogliono invitare a un “pischo” che si condivide masticando insieme le foglie di coca.
Mi fermo. È troppo bello condividere questo momento con loro. Il loro silenzio dimostra fiducia e anche amicizia che non ha prezzo. Gli porto un tubetto di calcio:-vitamine per la signora e si è insieme contenti così.
Sotto i portici dell’ospedale c’è Nicole, una bambina ustionata, che sta con noi da due settimane. Oggi è arrivata la sua mamma che l’ha affidata ad una bambina per non perdere il lavoro. Mi sorride. Un sorriso che per me diventa un premio perché è una bambina di due anni molto timida. Immagino che la confidenza per i camici bianchi non sia né facile né spontanea averla, perché per lei devo essere un castigatore che la fa dormire, per poi quando si sveglia trovarsi addosso tanto dolore. Però oggi si apre ad un sorriso spontaneo, quasi come un fiore che sboccia al sole.
Mi piace, e mi sento contento; mi riempio di quel poco e mi basta. La saluto mentre riprende a mangiare con la mamma vicina che la rassicura. E’ stata una settimana senza di lei e, si è sentita abbandonata al punto da rifiutare il cibo e preoccuparci.
Piccole emozioni , ma grandi gioie per restare sul posto con una presenza di significato.

Dott. Pietro Gamba.

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