Prime impressioni da medico italiano in Bolivia

7 Marzo 2023

Ormai è passato quasi un mese da quando sono arrivato ad Anzaldo, nel pueblo fuori Cochabamba, nell’ospedale della Fondazione Pietro Gamba. La Bolivia forse è uno dei paesi del Sud America del quale si sa di meno in Italia o almeno rispetto ai più famosi Argentina e Brasile, quindi non avevo una chiara idea di cosa avrei trovato. Parlando prima di partire, sia con chi c’era già stato sia con altri volontari in altri posti del paese incontrati sull’aereo, tutti mi avevano messo in guardia sul dover dire sempre che mi trovo qui per turismo, in quanto chi viene per fare volontariato viene ostacolato, perché il paese vuole dimostrare che non è necessario, che è tranquillamente in grado di andare avanti senza aiuti di nessun tipo.

Questo è coerente con le dichiarazioni riguardo la sanità nel paese, infatti oltre alla possibilità di eseguire ogni procedura privatamente e a prezzi elevati è presente un sistema di sanità statale, che si vanta di essere gratuito e per tutti. La realtà dei fatti è purtroppo differente, e, di fianco alle liste di attesa lunghissime (non è infatti infrequente trovare persone che si rivolgono all’ospedale proprio per le attese), si trovano persone che rivoltesi al pubblico vengono liquidate con diagnosi approssimative e spesso non corrette o incomplete. In accordo con l’idea di non necessitare nessun tipo di aiuto vi è anche una totale mancanza di collaborazione, con conseguentemente a farne le spese solamente chi ha veramente bisogno di aiuto.

L’apice di questo è stato sabato, quando dalla finestra della camera di un paziente durante le visite della mattina si è vista una giovane madre arrivare disperata nella stanza delle emergenze portando con sé la figlia urlante per il dolore. La piccola, di due anni appena, giocando si era rovesciata una pentola di acqua bollente addosso, riportando ustioni su circa il 60% del corpo, una situazione gravissima che si è subito medicata nel miglior modo possibile.

Ustioni così estese hanno un elevato rischio di mortalità, non solo immediata ma soprattutto nei giorni successivi e per questo necessitano di trattamenti specializzati da parte di personale abituato a gestire situazioni simili, che la piccola poteva trovare solo in un ospedale di livello avanzato. Per questo, dopo anche un rapido consulto telefonico con una specialista, si è deciso di trasferirla all’ospedale pubblico di Cochabamba, specialistico e più attrezzato, chiedendo per questo la collaborazione dell’ospedale pubblico di Anzaldo, in quanto fornito di ambulanze per il trasporto.

Qui è successo l’assurdo, è stata inizialmente negata la possibilità di trasporto senza una motivazione ma asserendo a quelle che erano chiaramente delle scuse come l’ambulanza già impegnata, nonostante si sapesse non fosse l’unica a loro disposizione. La “colpa” di essere andati prima in un ospedale “concorrente” per loro era così grande da dover essere scontata in qualche modo, poco importa se questo significava dover sacrificare la vita di una bambina di soli due anni priva di qualsiasi colpa (come del resto la madre, in quando non ha fatto altro che portarla nell’ospedale più vicino per salvarla).

Questa scena mostra chiaramente come purtroppo ci siano persone che, invece di provare a salvare la vita alle persone in situazioni di chiara  emergenza, preferiscono anteporre l’ego di non essere stati contattati prima e soprattutto che si sia andati prima da persone qui solamente per poter aiutare chi ne ha bisogno.

Fortunatamente dopo numerose insistenze si è riusciti a convincerli a trasportare la piccola ma scene così, che purtroppo ormai sono all’ordine del giorno non possono che lasciare esterrefatti.

Il medico pubblico qui infatti ha totalmente perso di vista il motivo per per il quale si é preparato in favore del guadagno e di antipatie personali e, purtroppo, gli unici a dover pagare il prezzo di ciò sono persone la cui unica colpa è quella di aver bisogno di aiuto.

Dott. Mattia Zeppa  ( Volontario in Anzaldo)

 

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