Un incontro tanto atteso

3 Maggio 2024

La vita scorre, veloce e a volte frenetica, e noi cerchiamo di esprimere il meglio di noi ovunque andiamo; se decidiamo di allontanarci dalla terra che ci ha visti nascere, dalla famiglia e dagli amici, spinti dal desiderio di continuare a evolverci e di perseguire i nostri sogni, scopriamo presto che la parte più difficile da sopportare è la lontananza dall’amore dei nostri cari. Se siamo fortunati, come io sono stata, quell’amore ci accompagna comunque in modo invisibile ma costante, aiutandoci a compiere la nostra missione e a vivere sereni.

Durante gli ultimi quattro anni che ho trascorso in Spagna, ho conosciuto André, che è brasiliano e sarebbe diventato mio marito; le nostre anime si sono incontrate e connesse per la condivisione degli stessi valori e sentimenti.

Superata la pandemia, completata la specializzazione in anatomia patologica e messo ordine nei rispettivi impegni accademici e professionali, abbiamo finalmente realizzato il desiderio di compiere un viaggio che ci riportasse alle nostre terre d’origine, per la prima volta insieme: prima in Brasile, dove André ha presentato e pubblicato la sua opera intitolata “Francis Yearbook of Legal Sciences & Human Rights”, la cui prima edizione dedicata a suo padre Cândido è stata distribuita in omaggio. Per la seconda parte del nostro viaggio, in Bolivia, siamo stati accompagnati da Welina, la madre di André.

L’aeroporto di Cochabamba è stato teatro di un incontro tanto atteso, con tanti abbracci e tanta gioia, in particolare da parte di Norma, che ha preparato ogni momento della nostra accoglienza, con canzoni e poesie che abbiamo intonato tutti insieme a squarciagola quella stessa notte sull’ambulanza, stipata di persone e di mobili destinati ad arredare la nuova casetta degli ospiti, che ci ha portato ad Anzaldo.

Il nostro arrivo è coinciso con il mio trentaduesimo compleanno, che abbiamo voluto festeggiare alla laguna di Wara-Wara, a quattromila metri di altitudine, dove il paesaggio e il modo di vivere della popolazione assomigliano molto a quelli di Challviri, dove è iniziata la storia d’amore fra mio padre Pietro e la Bolivia.

Per l’occasione siamo stati invitati a trascorrere quella giornata speciale insieme a una famiglia del posto. Alcuni erano saliti la notte precedente per pescare con le reti nell’acqua fredda della laguna; noi siamo arrivati il giorno dopo, guidati da un altro gruppo fra le montagne attraverso polverose stradine di pietra, guidando con particolare attenzione per non cadere nei precipizi. Quando ci siamo ricongiunti in cima, André ha imparato a raccogliere le patate e ha aiutato a cucinare le trote appena pescate, che abbiamo condiviso – grandi e piccini – in una capanna di paglia, seduti in cerchio per terra e mangiando felici con le mani.

Ma la vita, con la sua eterna duplicità, non ha tardato a farci sentire anche il peso dell’addio. Il giorno seguente, al risveglio, abbiamo ricevuto la notizia della scomparsa di mia nonna materna, Amalia: da molti anni sofferente di cuore per la malattia di Chagas, era stata ricoverata già in coma per un’embolia cerebrale che si è rivelata fatale. Resta vivo il ricordo di mia nonna come persona amorevole, allegra, e con un’inclinazione particolare per i bambini. Nei giorni seguenti ci siamo riuniti in famiglia per onorare in preghiera la sua memoria, ringraziando per la sua vita e l’esempio che ci ha lasciato in eredità.

In mezzo a tanta tristezza, l’ospedale di Anzaldo è un faro di speranza. Le preoccupazioni e le attenzioni del personale si sono concentrate su Erasmo, un contadino settantenne anch’egli affetto dalla malattia di Chagas: operato al colon per un volvolo intestinale, dopo essere stato dimesso è tornato in ospedale lamentando forte dolore e vomito, sintomi di un’occlusione intestinale alta. La debilitazione dovuta a diversi giorni di digiuno aveva aumentato i rischi, e ad Erasmo è stata offerta la possibilità di essere operato all’ospedale cittadino, dove è disponibile la terapia intensiva, ma lui ha insistito per rimanere ad Anzaldo, riponendo fiducia nel nostro personale. Dopo il secondo intervento, i suoi due cagnolini lo hanno aspettato per tutta la notte sulla porta dell’ospedale, come se avessero capito che il loro padrone stava passando ore difficili.

Abbiamo anche dedicato un giorno per visitare alcune comunità, tra le quali Kalayusta, il piccolo centro dove a cinque anni d’età ho frequentato il primo anno di scuola elementare. Ne conservo ricordi nitidi di bambini che giocano e corrono nel portico e nel cortile della scuola, e degli insegnanti che arrivano in motocicletta per le lezioni.

Oggi la maggior parte delle case sembra abbandonata; titubanti abbiamo comunque bussato alla porta della scuola, e siamo stati accolti dalla maestra che stava facendo lezione a tre bambini fra i cinque e gli otto anni.

Le dure condizioni di vita, con il lavoro dei campi, la siccità, e anche le maggiori possibilità di trasferirsi nel capoluogo sono tra i fattori più evidenti che ne stanno causando il declino. Delle varie aule che erano usate quando io frequentavo la scuola ne ho visto solo una aperta, comunque ben curata nonostante le difficoltà.

La nostra visita si è conclusa con il lancio di una campagna di promozione del Pap-test, organizzata in collaborazione con le madri missionarie di Gesù Verbo e Vittima e con il comune di Vila Vila. Per l’occasione siamo partiti all’alba da Anzaldo con un’intera squadra distribuita in due ambulanze che trasportavano anche la sedia, il microscopio e tutto il materiale necessario per effettuare l’esame ginecologico e citologico. Una cinquantina di donne si sono riunite al centro salute per sottoporsi all’esame di prevenzione del cancro al collo dell’utero. Alcune di loro, avendo saputo del nostro arrivo, avevano camminato per ore per presentarsi all’appuntamento. Il viaggio è stato difficile e lungo, il lavoro è durato fino a quando è sceso il buio, e siamo riusciti ad assistere tutte le persone interessate, alle quali l’esito è stato fornito il giorno stesso. Anche il rientro è stato difficoltoso ed estenuante a causa della stanchezza e delle strade sterrate; ma in cielo le stelle sembravano brillare ancora più forte, come ho visto fare solo nel cielo della Bolivia.

Ora il nostro breve viaggio nella terra natale è terminato, il cuore e la mente sono pieni di tutte le emozioni forti e contrastanti vissute in famiglia e in comunità, con un sentimento di gratitudine per i momenti condivisi. In effetti, come ha insegnato Gesù, c’è più gioia nel dare che nel ricevere.

Silvia e André

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