Una lotta da leoni

16 Ottobre 2011

Credo a questa missione che mi porta gioia piena pensando al dovere compiuto. Racconto una giornata, o meglio, un po’ di più, partendo dal fine settimana e continuando con il lunedì, giornata che regolarmente programmo per le spese e occupazioni che accumulo una volta alla settimana da sbrigare in città, ripetendo questo appuntamento da ormai venticinque anni e mantenendo pressoché lo stesso ritmo e l’impegno. Domenica la sfida in bicicletta, approfittando di una bella giornata di sole di settembre, per provare una salita sterrata da poco aperta e da me non ancora conosciuta, che, in 9 chilometri unisce una vallata con un’altra, evitando di transitare in città sempre più in crescita disordinata e caotica.

Il sole, i chilometri, la fatica, il poco allenamento fanno di quei chilometri, percorsi in un’oretta e mezza di fatica, una profonda meditazione e incontro con me stesso, con il mio respiro affannoso, duro, di lotta e con i pensieri che emergono esaltanti per arrivare in cima alla salita, come per conquistare un vittorioso trofeo, da meritare pedalata dopo pedalata. Dall’alto, lo sguardo al panorama sconosciuto, diventa emozione viva di piacere per la conquista raggiunta. A sera sono dalla Suore di Madre Teresa di Calcutta, che trovo chine su Riccardo, un giovane di trent’anni con AIDS terminale, costretto a letto per la TBC e con tanti dolori. Con amorevoli cure, queste sorelle, in sari bianco-azzurro, si sono prese cura di lui e di altri incurabili. Gli porto un materassino antidecubito ad aria e delle mascherine protettive e tela adesiva per curare le ferite. Ora servirà una sterilizzatrice a calore che è impegno per la prossima settimana. Il lunedì inizia dal primo mattino con un programma stabilito, da conquistare con energia pedalata dopo pedalata. Nel programma occorre ottimizzare le spese per la nuova centralizzazione di ossigeno, ricercando i migliori preventivi che raccomanda la nostra economia prima della spesa dei tubi di alta pressione. Questo significa andare sul posto, attraversare la città inquinata, dirigersi alla fabbrica, cercare la competente persona capace di orientare e dare consigli.. e, alla fine, pazientare perché la risposta è negativa e non hanno quanto cerco. La ricerca continua, sempre con molta pazienza, virtù grande e forte, vedendo che il poco tempo, sfugge veloce con i troppi punti segnati da compiere. Una chiamata al cellulare:”Puoi vedere mio padre che sta morendo in un ospedale statale? Mi dico:- Ma oggi è lunedì e non ho tempo per occuparmi anche in città dei malati. La voce sconosciuta continua afflitta e insistente. Mi dico chissà dove ha trovato il mio numero di cellulare. Continua sostenendo che suo padre è terminale, ha bisogno della terapia del dolore e non ha soldi per uscire dall’ospedale dove si trova ricoverato. Non vi è dubbio. Per me questa diventa una priorità che supera le cose che mi rimarranno indietro da fare. Rispondo: “va bene, ma mi trovo con poco tempo, tanti impegni, se va bene, alle due sono in ospedale. Continua la lotta, l’affanno della pedalata, come ieri in salita, sentendo il respiro accentuato sotto sforzo, ma anche la scioltezza di sentire la risposta dei muscoli che ti portano, pedalata dopo pedalata , in alto dove il panorama ti addentra nella beatitudine dei pensieri. Accompagnato da Luca, il volontario elettricista da sette mesi in Anzaldo, entriamo in un negozio per comprare fili appropriati e termomagnetici salvavita. Sì, perché, la scorsa settimana, ha preso fuoco una lampada in Anzaldo nella casa del personale, rischiando di mandarla in fiamme. La colpa è dell’impianto elettrico mal progettato e realizzato con fili di diametro inappropriato e altrettanti termomagnetici non adatti per proteggere il corto circuito. Questo piccolo dettaglio, per una mala installazione di molti anni fa, oggi poteva diventare tragedia facendoci ripartire da capo. Meglio essere prudenti e mettersi a norma, intanto che c’è Luca. La Provvidenza me l’ha inviato da Padova, per offrirci una prestazione competente e gratuita. Un tramite burocratico, mi aspetta, quando l’orologio ha passato il mezzogiorno e anche Macchi, la moglie, è in lotta come me su altri fronti occupandosi della compera dei farmaci e dei viveri da portare questa sera ad Anzaldo. Lei vuole puntualità per l’ora di pranzo, perchè è l’unico momento di questo giorno che, seduti assieme a tavola, riesco ad incontrare le mie figlie che tornano da scuola. L’incontro è sempre un momento di piacere e, prima di pranzare, s’inizia sempre recitando l’Angelus in italiano. ..E il verbo si è fatto carne, con la risposta in coro: …”e ha posto la sua dimora in mezzo a noi”. Ci ricordiamo che il Signore è presente nelle nostre agitate azioni che a Lui ci avviciniamo. Dopo il caffé, mi servono solamente dieci minuti di pausa digerendo disteso per ripartire e sentirmi in forza. In casa mi fa visita un povero che ricava dai miei materiali ospedalieri inservibili, una piccola fonte di guadagno per vivere. Del resto cosa ne faccio di molte cose che, scadute e fuori uso butto via? Zoppicante, ma sempre elegante nel vestire, gira tra i tuguri della città, regalando con poca compensazione, i materiali di uso ospedaliero fonte del suo sostentamento. Si riparte, sono le due passate del pomeriggio e mi aspetta il paziente con un cancro terminale allo stomaco. Per allungargli un po’ la vita gli hanno impiantato una protesi per permettergli l’ingestione di liquidi. Il figlio non sa come fare per gli alti costi che l’ospedale gli ha presentato e sta’ decidendo di portare suo padre a casa. Con l’amica anestesiologa che conosco da anni, gli si offre una mano per la terapia del dolore assicurandogli che non lo abbandoneremo, senza cercargli soldi, e soprattutto dimostrando Solidarietà nell’interessare l’amministrazione per un’ulteriore considerazione per il ribasso del conto. L’ora corre veloce e sono già le tre del pomeriggio. Nel traffico della città mi ritrovo con l’automezzo per caricare i secchi di pittura richiestomi dai muratori che sono in Anzaldo per il mantenimento dell’Ospedale. Il traffico velocemente fa passare il tempo e i negozi di Cochabamba chiudono presto, verso le cinque. Lascio l’auto per muovermi in moto, e guadagnare tempo destreggiandomi agilmente nel traffico. Macchi mi chiama al cellulare e mi dice:”Sono qui al Ministero Lavoro per regolarizzare i contratti dei dipendenti, e mi chiedono un deposito. Riesci a farlo tu? Ti invio il numero di conto corrente sul cellulare. Agli ordini. E m’infilo dove è possibile e impossibile, schivando pericoli a destra e a sinistra, prevedendo che le macchine possono improvvisamente aprirti la porta senza guardare se li stai superando da dietro, e dagli autobus che rallentano, normalmente salta improvvisamente una persona. Con prudente attenzione per i pericoli nascosti nel traffico, riesco ad arrivare alla banca e, con amara sorpresa, la trovo chiusa per il nuovo orario continuato che hanno adottato. Un’incombenza che si rinvia al prossimo lunedì! La lista degli incarichi è ancora lunga e non mi sembra aver fatto nulla del programma. Ho un timbro da far realizzare. La prima propaganda che trovo sulla strada dice:-Timbri in dieci minuti! Penso sia quello il tempo necessario e mi fermo ma, per una sola persona davanti, il tempo diventa il doppio. Mi stavo quasi dimenticando, del mio amico tornitore, che mi deve consegnare le valvole dell’ossigeno. Ritiro le valvole con 40 boliviani richiestomi per la riduzione del diametro da trequarti a mezzo pollice. Domani questo permetterà di mettere in linea l’ossigeno dalla nuova sede centralizzata. L’ospedale così diventa a norma secondo le nuove direttive della sicurezza. Non mi sento stanco, al contrario, mi sento un leone, nonostante i vicini 59 anni che compirò tra poco più di un mese. A casa faccio i conti amministrativi di fine giornata per sistemare le spese e fatture. Accidenti non sono stati segnati cento boliviani sul foglio delle spese. Ricorro con la memoria e identifico che ho fatto benzina senza segnare. Prima di cena occorre caricare quanto comprato, viveri e farmaci per il viaggio notturno, di circa due ore, ad Anzaldo con l’ambulanza. Alla radio una chiamata arriva improvvisa. Chiedono a che ora prevedo di arrivare. Rispondo che penso essere in Anzaldo al solito orario, all’incirca alle dieci di notte, appena dopo cena. E’ il chirurgo che avvisa, informando che in Ospedale è morta una nostra paziente che stava già male e che un’altra giovane rimane in attesa per un’emergenza di appendicite da risolvere con intervento chirurgico. Mi rattrista la notizia inattesa della morte della nostra paziente. Do istruzioni per trasferirla altrove, in un’ improvvisata camera mortuaria, mentre si attendono i parenti. E la notizia dell’emergenza in corso, mi accelera per arrivare a Anzaldo alle dieci di notte, ritrovandomi in sala chirurgica per la spinale rafforzata da un catetere perdurale per il dolore post operatorio. La chirurgia termina alle undici e mezza. Prima di dormire sfoglio il giornalino parrocchiale, appena raccolto dalla posta, con le notizie che mi riportano al mio paese di Stezzano. Leggo, con sorpresa la scomparsa di Renzo Valli, conosciuto all’oratorio e nell’impegno, una persona che ha dato sempre in esempio e ha lasciato molto bene. Penso al Signore, con una preghiera di suffragio per la nostra defunta in ospedale, per i nostri conosciuti, per i buoni e per quelli che reputiamo affettatamente un po’ meno meritori. Il sonno arriva. La lotta anche oggi è stata dura, Domani un’altro giorno ma ancora, con calma, molta pazienza e tanta passione che fa fare ogni cosa con piacere. E’ questa la “missione” che mi riempie e impegna dando significato all’esistere.

Dr. Pietro Gamba

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