Malati e cultura dei campesinos in Ospedale

20 Luglio 2009

I pazienti che vengono curati nel nostro Ospedale, ci portano a conoscenza di situazioni nuove che ci permettono di conoscere un modo di pensare diverso dal nostro! Questo riesce forse a spiegare perché un ospedale rurale difficilmente sia pieno, perchè viene usato solamente quando si è senza speranza!
Ieri sera ci hanno portato Francisca, la moglie di don Julio, un paziente che qui ricordiamo bene perché, per salvargli la vita, abbiamo dovuto sacrificargli il braccio destro. La paziente è ipoproteica, con il corpo gonfio di liquidi da non reggersi in piedi e riesce a parlare. Respira con difficoltà e desta compassione vederla in uno stato estremo. Se fosse arrivata qualche tempo prima, tutto sarebbe stato più facile, ma è già un buon segno che si è lasciata trasportare fin qui.

Ogni paziente che ci cerca ci predilige! Il laboratorio scarta la temibile insufficienza renale ed evidenzia una mancanza di proteine, forse per un cancro o forse per una denutrizione cronica! Francisca mi riporta il ricordo per una anziana signora affetta da volvolo intestinale, doña Nibiza,, venuta da noi per risolvere forti dolori addominali, risolti con decompressione usando una sonda. Rimase in ospedale per prepararsi alla chirurgia che doveva risolvere in forma definitiva i suoi problemi. Il giorno prima dell’intervento, la signora Nibiza, decise fermamente di non sottomettersi alla chirurgia, adducendo di non avere il sufficiente per pagare le spese dell’ospedale. A nulla valsero le spiegazioni nella sua originaria lingua, che non doveva farsi nessun problema per il pagamento perché la chirurgia rientrava in un programma gratuito appoggiato da amici. Contro la sua decisione irremovibile non c’è stata ragione e mi sono ritrovato ad accompagnarla sulle montagne, fin dove arrivava la strada percorribile con l’ambulanza, e seguirla con lo sguardo, mentre, sola con il suo bastone, scendeva la mulattiera che la portava alla sua casa a valle sul fiume. Dopo vari tempi, la meraviglia di sapere da suo figlio che ha raccontato che sua madre era “scappata” a tempo dall’ospedale per la paura di fare la fine di don Julio, che, a sua interpretazione, aveva perso il braccio come castigo per non aver pagato l’ospedale!(?)
Don Julio è della stessa località di Nibiza, e tutti conoscono che è uscito dall’ospedale con un braccio monco! La nuova versione e interpretazione dei fatti però mi giunge nuova e non senza un po’ di ironia! Ricordare lo sforzo compiuto è , sentire il senso di un miracolo per la buona decisione presa nel rischiare con lui quando le speranze non esistevano per una brutta infezione trascurata alla mano destra, causatagli dalla puntura di uno spino che si era complicata con un una terribile sepsi che più volte ci portò a pensare che era terminale, senza speranza. Fu un po’ l’avventurato protagonismo che mi spinse, contro la volontà del curandero che stava aspettando la sua morte, a caricarlo in ambulanza, raccogliendolo da un giaciglio di paglia dove era abbandonato alle mosche attratte dal putrido odore del pus nauseabondo. Abbiamo fatto di tutto con gli antibiotici e con le medicazioni per salvargli il braccio, poi il male troppo avanti, ci avrebbe vinti e quindi la decisione di amputare.. Dopo la decisione di tagliare, l’abbiamo visto rifiorire e ritornare in vita..
Questa è stata per me un’azione della carità, sorretta dalla speranza nel linguaggio unico che è l’amore L’interpretazione di Nibiza non alimenta i nostri sforzi! La fantasia costruita attorno a quel braccio monco, è riuscita a farsi strada come verità, trasformando i fatti in un castigo che l’ospedale riserva per coloro che non possono pagare! Immagino quindi il terrore di quanti ancora oggi si avventurino per cercarci, e continuo a sorprendermi vedendo pazienti che ancora osano venire a chiedere i nostri servizi!
Oltre alla moglie di don Julio, in Ospedale abbiamo Sabino. Anche lui è qui per una infezione grave; cadendo è andato a sbatte con un ginocchio su un duro spino giallo che solo qui si vedono e che gli ha procurato l’infezione. Un sentimento di compassione mi ha pervaso vedendolo dolorante, febbricitante con la gamba gonfia di pus putrefatto e con la pelle già in necrosi.
I ricordi mi hanno portato alle emozioni provate con don Julio, con la stessa forza di dedicarmi, continuare e credere con speranza ai miracoli! Mi sono fatto coraggio dicendomi che noi dobbiamo parlare un solo e unico linguaggio,comprensibile a tutti: quello dei fatti, quello dell’Amore, che è giustamente l’essere capaci di far passare lo spirito di Dio. Con Don Sabino, praticare il linguaggio dell’amore, significa prendersi cura di lui, senza far caso alle dicerie o fantasie che solo possono aiutarci a diminuire i meriti che ci aggiudichiamo!
Anche la carità è una conquista da meritare!

Pietro

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