Non tutti i giorni sono uguali

30 Settembre 2014

I giorni passano ma non sono sempre uguali.
Oggi inizio la giornata con maggior motivazione dalla forza di ieri.
Ieri è stata una giornata dura, intensa, che ha richiesto energia, determinazione e dedizione per la vita.
Non sono stato bravo da solo; tutto il personale presente ha sacrificato riposo, alimentazione normale, e, senza calcoli ne risparmio, si è dato per soccorrere un nostro paziente che, dopo l’intervento chirurgico, non ha avuto la normale evoluzione che ci si aspettava.

E vi racconto.
Ieri, lunedì 15 settembre, in Cochabamba si è celebrato il Festivo Dipartimentale.
La festa cadeva di domenica, il 14 settembre, giorno della fondazione di Cochabamba, ma il Prefetto del Dipartimento ha decretato “giorno festivo” da prolungarsi al giorno successivo cioè al lunedì.
Anche ai miei medici quindi è toccato un giorno libero dal lavoro.
Di turno in Ospedale sono rimasto io, con un interno di medicina e due infermiere.
In mattinata, secondo programma, per la resezione trans uretrale e orchiectomia di un cancro di Prostata di un nostro campesino di Oruro, è venuto a chiamata dalla città l’urologo che verso mezzogiorno ha concluso l’intervento.
Il paziente proviene da 4mila metri e presentava valori alti di sangue e un piccolo sanguinamento.
Non ci doveva preoccupare visto la sua aumentata riserva naturale di globuli rossi dovuta alla vita in altura.
Prima della chirurgia il consultorio era pieno di gente che aspettava.
Hanno pensato in molti di utilizzare il giorno festivo per venire ad Anzaldo e sfruttare una visita facendosi controllare con il laboratorio.

Dopo pranzo l’urologo è tornato in città lasciandoci istruzioni sicuro che il sanguinamento in corso tendesse a diminuire con il lavaggio permanente della vescica. Abbiamo seguito il contenuto della borsa della raccolta delle orine notando che non si schiariva presentando un sangue sempre più color rosso vivo che non cessava di preoccuparci. Un colore che non era proprio di carne lavata come doveva essere secondo le indicazioni dell’urologo, ma un colore più oscuro, più carne che lavato. Insomma il colore del sangue vero che conosciamo.
Tra una consulta e l’altra, mi dicono che la sonda si era ostruita da un coagulo. La cambiamo, gonfiamo il palloncino e stiriamo per comprimere meglio i vasi della vescica che continuano a perdere. Chiamo l’urologo per informarlo… Il suo cellulare è spento.
Il paziente intanto visivamente si fà pallido e iniziano i sintomi dell’ipotensione e ipossia. Scatta l’emergenza che ci impegna tutti. Per l’agitazione e l’irrequietezza lo dobbiamo immobilizzare sul letto; presto entra in confusione. Aumentiamo i liquidi per mantenere la pressione.

In corpo, anche per l’intervento dove ha perso notevole quantità di sangue, ha più acqua che sangue. Ora serve sangue e urgentemente! Inizia la lotta con la famiglia e i parenti per iniziare la trasfusione. E’ un momento di disperazione, che non ci può coinvolgere con i pianti della parentela quando si rendono conto che il loro padre sta male. Convinco le figlie a donarmi almeno un pacchetto di sangue. E ascolto le solite scuse: “Io non ho abbastanza sangue per me… guarda come sono magra… Io ho il marito che se sapesse che mi tolgono sangue mi picchia… Io sono ammalata e non posso”
E’ un momento dove si deve dare e non posso entrare in trattative per far coscienza e far ragionare. Una figlia mi dà un primo pacchetto di sangue compatibile. Il paziente sta male, con uno stato di incoscienza per lo un shock ipovolemico e l’ipossia. Lo mantengo ventilato con forza perché non scenda la saturazione di ossigeno e, anche se la pressione si abbassa, riesco a mantenerla in valori ancora accettabili. Arriva il sangue ma la sacca di ricarico non ripone la perdita che nel frattempo troviamo nella sacca di raccolta dell’orina… Non ci sono storie e dico: “O chiudiamo il rubinetto aperto che perde o dobbiamo trasfondere sangue, più di quello che sta perdendo”. Una nostra infermiera, coraggiosa, si offre volontaria per una seconda sacca.
Qui le sacche di sangue sono le ultime che ho in riserva. Da quando il Ministero di Salute ha proibito la vendita per delegare unicamente i servizi trasfusionali del sangue a una unità centralizzata della “banca del sangue” le sacche sono diventate preziose perché introvabili in commercio! Non conosco ancora il contrabbando (che ci deve essere) altrimenti, per questi casi, lo dovrei benedire. Il ministero di Salute dice che l’unico ente autorizzato per il sangue è unicamente la Banca del sangue! Oggi festivo, dubitiamo anche possa essere aperto e poi a Cochabamba, in questa Banca del Sangue, per avere una sacca di sangue, devi portare tre donanti, pagare e passare la pesante “burocrazia” che raffredda ogni volontà di avvicinamento. La cosa si fa complicata… Mi rimangono solamente cinque sacche che tengo gelosamente custodite di riserva per casi estremi come quello di oggi.
Una persona sta rischiando di perdere la vita per mancanza di sangue! Arriva intanto il mezzo litro di sangue dell’infermiera che trasfondiamo subito.
La sacca di drenaggio orine intanto raccoglie il sangue che continua a fuoriuscire e, dopo essere nuovamente svuotata è ancora quasi piena. Uso Tranex in vena, a dosi proibite, un veleno di serpente per coagulare in casi estremi. Non vedo benefici immediati. Cerco ancora l’urologo al suo telefono fisso che squilla e risponde. Informato del sanguinamento in atto mi dice “molto probabile si è sciolto un vaso venoso; mi organizzo per il viaggio di ritorno”.
Per noi significano due ore di attesa e di lotta contro quella perdita da controllare con i mezzi che abbiamo. Tutto il personale è mobilitato sul nostro paziente, agitato e senza coscienza per l’anemia acuta in corso e con pressione bassa che riesce a sopportare. Lo manteniamo perfuso anche con espànsori plasmatici che servono anche se scaduti. Mia moglie Margarita si offre volontaria per un’altro pacchetto di sangue che dona.

C’è anche mia figlia Silvia ad aiutare, anche se è inesperta nel tenere fermo e per legare un braccio quando il paziente agitato cerca di strapparsi le cannule e mentre si incannala un’altra vena più grossa per caricare con più decisione i liquidi che entrano a pressione.
I parametri vitali intanto reggono. Si mantiene l’ossigenazione con la ventilazione forzata si perfondono alti volumi di liquidi. Dopo due ore siamo in sala operatoria, per terminare verso mezzanotte riuscendo a chiudere il rubinetto aperto di una piccola vena non chiusa che perdeva sangue. Con l’apertura dell’addome e della vescica, si ritrovano grossi coaguli della grande perdita. L’urologo ritorna per la seconda volta in giornata in città dopo che il sangue lo torna schiarito nella borsa di raccolta.

Attorno alla tavola dopo la mezzanotte, tutto il personale che ha vissuto un giorno diverso di soccorso e in emergenza, è invitato a cena che vale come pranzo saltato e come premio per celebrare in condivisione la buona riuscita della nostra azione.
C’è stata tanta intesa, e alla fine siamo stati tutti bravi riuscendo con i nostri mezzi a salvare una vita.
Il clima d’intesa è stato rafforzato dall’azione per essere riusciti insieme in un dovere che largamente ci ripaga.
Stamattina suo figlio ha donato un’altra borsa di sangue e altre le troveremo al banco di sangue.
Il paziente si è svegliato bene, ha ripreso coscienza e sta bene. Un sospiro di sollievo per ricominciare un altro giorno con impegno carico di forza.

Dott. Pietro Gamba

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