Riflessioni sul bene della vita

22 Marzo 2021

Quest’anno non ho inviato, come gli altri anni, l’abituale lettera di augurio di Buona Pasqua.
In questa Quaresima, ancora con la pandemia in corso, il Papa ha deciso di effettuare un viaggio in Iraq, nella terra martoriata dall’ISIS e dalla guerra civile.
Una terra in cui convivono diverse religioni e culture, con maggioranza musulmana, dove i cattolici sono una minima minoranza; tanti sono fuggiti, chi è rimasto porta in sé tanti ricordi di angoscia e il dolore per le violenze subite e le uccisioni brutali che hanno costretto tante persone a rifugiarsi in altri paesi.

Il Papa nell’omelia del 6 marzo, alla prima apparizione pubblica in quel paese, ha preso spunto dal discorso evangelico delle Beatitudini, riconosciuto anche da altre religioni come il più bello e importante del messaggio di Gesù, perché è diretto a ogni essere umano di ogni tempo, un richiamo all’intera umanità per elevare lo Spirito sopra il materiale.
Il Papa ha letto il suo intervento sviluppando tre punti che sono la Sapienza, la Testimonianza e la Promessa.

La Sapienza di Dio, tratta dalle Scritture, dice che gli ultimi meritano misericordia, e i potenti saranno vagliati con rigore, ma nel nostro mondo chi ha meno è scartato e chi ha di più è privilegiato.
Gesù, la sapienza in persona, capovolge totalmente questa prospettiva, insegnando che sono i poveri, quelli che piangono, i perseguitati a essere detti Beati, al contrario del mondo in cui beati sono i ricchi, i potenti, i famosi e conta di più chi ha di più.
Per Dio vale chi è povero in spirito, non chi ha potere sugli altri ma chi è mite con tutti, non chi è acclamato dalle folle ma chi è misericordioso con il fratello.

La Testimonianza è quella di tanti fratelli che anche in Iraq hanno subito pregiudizi e offese, maltrattamenti e persecuzioni per il nome di Gesù.
Ma mentre la Potenza, la Gloria, la Vanità del mondo passano, l’Amore rimane come valore eterno, l’Amore non avrà mai fine.
Vivere le Beatitudini è rendere eterno quello che passa, è portare il Cielo in Terra, perché il mondo si cambia non con il potere e la forza, ma con le Beatitudini. Per diventare Beati non è richiesto essere eroi, ma testimoni ogni giorno.
Beato è chi pratica la misericordia là dove si trova, chi mantiene il cuore puro lì dove vive. La testimonianza è la via per incarnare la sapienza di Gesù. Così si cambia il mondo, non con il potere o con la forza, ma con le Beatitudini.

La Promessa; La sapienza di Gesù si incarna nelle Beatitudini e, se chiede la testimonianza, offre la ricompensa contenuta nelle promesse divine. Chi le vive avrà il regno dei cieli, sarà consolato, saziato e vedrà Dio. Le promesse di Dio assicurano una gioia senza uguali.

Ho preso spunto da queste riflessioni del Papa in occasione del recentissimo viaggio, perché lo ritengo esempio di forza interiore e di molto coraggio, senza infingimenti e senza cedimenti.
Mentre le ascoltavo mi venivano alla mente i miei pazienti, quelli che oggi considero BEATI, e sono emerse alcune riflessioni su questa mia attività in Ospedale, dato che, a causa del coronavirus, le riunioni e le visite alle comunità si sono ridotte.
Mi toccano in forma particolare i momenti delicati a cui non si è mai pronti, come quelli della fine della vita, quello che provo accompagnando i pazienti che ci lasciano.
In particolare mi rimangono due esempi che mi hanno toccato e mi riportano al messaggio delle Beatitudini, della spiritualità del Vangelo, così rivoluzionaria rispetto allo spirito del mondo dove dobbiamo lasciare tutto.

GREGORIO, di 82 anni, è morto in Ospedale questa settimana. Era venuto da noi con un dolore atroce all’addome, che era insorto dopo una decina di anni dall’operazione di ricongiungimento intestinale, resa necessaria dalla malattia di Chagas.
Nel difficoltoso intervento si è trovato l’intestino trasformato in una massa compatta, con fibrosi e aderenze che non permettevano un normale scarico; il chirurgo ha fatto quanto ha potuto per liberare, riparare e riabboccare lo scarico dell’intestino alla parete laterale dell’addome staccandolo dalla parte finale del retto.
Dopo qualche giorno trascorso nell’attesa che la funzione intestinale riprendesse, quelli in cui l’intestino è messo a riposo, si è avuto la pessima sorpresa del decadimento del paziente. L’addome esageratamente disteso ha indotto a ritenere necessario un secondo intervento.
Gregorio ha dimostato piena fiducia in me, con quel suo sguardo di approvazione quasi paterno, quel suo sorriso di tenerezza e incondizionata fiducia. Lui è un campesino di Anzaldo, ha lavorato la terra per tutti i suoi anni e ha educato cinque figli. Il maggiore dei quali l’ha accompagnato fino alla fine. Disteso sul lettino operatorio, Gregorio mi ha raccomandato di stargli vicino durante l’intervento, perché riponeva la sua fiducia in me.
Il secondo intervento ha riservato la nuova sorpresa di una peritonite diffusa, con il tessuto necrotizzato per una ischemia. Una volta lavato l’intero addome, la lotta contro la peritonite era appena iniziata. Gregorio, nonostante la forte fibra, non ha resistito e gli antibiotici non sono stati sufficenti per salvargli la vita.
Nelle ultime sue ore è stato sereno, senza più forze per lottare ma ancora con la sua mitezza unica, come quella delle Beatitudini, di chi ha fiducia nel Signore, che dà e toglie la vita. Si è fatto il segno di croce e ha recitato il Padre Nostro quando il parroco, chiamato al suo letto, gli ha somministrato l’unzione degli infermi. Gregorio è spirato dopo essersi confessato ed essersi rappacificato con i figli raccolti tutti attorno a lui.
Ricordo le sue mani callose, di chi ha lavorato tutta la vita la terra, ricordo il suo sorriso genuino, di rispetto e carico di fiducia; appena prima che spirasse mi è venuto spontaneo dargli una carezza, per dirgli che gli ho voluto bene. Gregorio è stato in croce, legato sul lettino della sala operatoria, con la Forza messa nella speranza umile dell’Amore .
Caro Gregorio, hai voluto bene ai tuoi figli, al paese dove sei nato, a noi che abbiamo tentato di curarti. Come dice il Papa che sa di queste cose, sei stato un testimone Beato perché sei stato buono dove sei nato e hai mantenuto il cuore puro dove hai vissuto. Ora ti è assicurata la gioia promessa, la consolazione di vedere Dio. E a noi hai portato un po’ di cielo in terra, un po’ di quell’eternità che ci fa bene pensare esista perché hai vissuto le beatitudini del piccolo e povero che è un GRANDE agli occhi di Dio.

L’altra persona che ricordo e che è tra i Beati è Yesenia, anche lei passata per due interventi chirurgici nel novembre scorso, per un tumore alle ovaie.
Durante il primo intervento, il sanguinamento causato dal cancro ha reso necessario l’uso di sette sacche di sangue donato dal marito e dai familiari, e abbiamo avuto paura per la sua vita. In seguito si è dovuti ricorrere di nuovo alla chirurgia per togliere le compresse che erano state lasciate per arrestare il sanguinamento.
Yesenia, che viveva in città, aveva appena 27 anni e un figlio di 9 mesi. Dalla Tac si erano rilevati un tumore solido e una cisti gigante dell’ovaio destro. Per due mesi aveva sopportato il dolore, ma poi si è arresa e ha scelto il nostro ospedale per risolvere il suo problema.
Sembrava potesse bastare asportare la massa tumorale. Purtroppo ci siamo trovati davanti a una realtà ben più grave, ma Yesenia, durante la visita, ci ha mervigliato dicendoci con serenità che nel dormiveglia del mattino aveva sentito una voce che le diceva: “Non ti do la guarigione ma la salvezza”.
Questo messaggio al tempo stesso ispirato e realistico vista la sua situazione, ci ha lasciati senza parole. Yesenia ci ha poi rassicurati dicendo che lei era tranquilla, che la sua Fede le assicurava che sarebbe passata ad un mondo bello e senza dolore.
Quando è arrivato il responso (liposarcoma mixoide dell’ovaio) abbiamo capito che non c’era niente da fare. I suoi ultimi giorni li ha passati a casa, assistita dal marito e supportata dalla terapia del dolore.
A noi è rimasta la sua semplice testimonianza di fede, in quella mattina in cui l’avevamo sentita rassegnata e serena; una serenità che viene dal credere nell’aldilà e dalla speranza nella salvezza.
Tradotto in termini evangelici, la salvezza è la ricompensa promessa nelle Beatitudini e attesa da chi è semplice e umile.

Sono questi gli insegnamenti di Bene che traggo dai miei pazienti, i quali insegnano che noi siamo poca cosa, che la vita è data da Dio e a Lui dobbiamo renderne conto.
Vorrei che Gregorio potesse raccontare al Signore di quella carezza e di quegli sguardi d’intesa con cui gli ho detto che gli ho voluto bene, e che Yesenia dica della lacrima che mi è scappata per il senso di umana impotenza che ho provato mentre lei si preparava a morire.

A tutti gli amici Auguro i migliori auguri di BUONA PASQUA.
Con vicinanza e amicizia.



Dr. Pietro Gamba, famiglia e collaboratori

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