Scrivendo su una pagina bianca

24 Luglio 2018

Carissimi amici,

Riassumo le fasi di un percorso realizzato e ancora in corso.
Elias arriva all’Ospedale proveniente dalla città, accompagnato da un suo vicino, che, con il suo mezzo, lo porta da noi, dicendoci che non riesce più a sopportare gli strazianti lamenti di dolore e sofferenza che nella notte il povero emetteva senza riuscire a prendere sonno. Dall’auto arrivata in emergenza, scende prima sua mamma, in difficoltà a muoversi, aiutandosi con un bastone per l’indolenzimento delle articolazioni infiammate e con le ginocchia gonfie. Messa con difficoltà sulla sedia a rotelle, con sorpresa ci dice che il malato non è lei ma è suo figlio che è ancora in macchina.

Il 6 giugno si presenta così Elias, un ragazzo smilzo, di giovane età sui vent’anni, aspetto malato e sofferente ma non trascurato nel vestiario. Appena messo in piedi, la respirazione è notoriamente difficoltosa, boccheggia con labbra quasi cianotiche e al collo le giugulari danzano visibilmente con il ritmo del cuore.

Si muove appena, trascinando i piedi gonfi…In tutti questi anni ho visto molti scompensati cardiaci, ma non con un simile edema alle caviglie. Mi ritornavano alla mente patologie tipiche dell’Africa solo studiate e mai viste, come le elefantiasi.

Appare subito evidente lo scompenso cardiaco, che va aiutato a risolversi ed equilibrasi con qualche giorno di Ospedale.
Il trattamento da usare per lui è semplice: la combinazione di diuretico e digitale in dosi generose.

L’autista, saputa la decisione di tenere il paziente in Ospedale, contento, saluta dicendoci che il suo gesto è gratuito, fatto in modo compassionevole verso una famiglia che non ha i soldi necessari per curarsi. Dopo cinque giorni Elias è dimesso e ristabilito, pur essendo consapevole che quanto abbiamo fatto è solamente un aiuto temporaneo, perché la vera soluzione sarebbe il ricambio delle sue malandate valvole.

Quella notte non riesco a dormire pensando a questo giovane, e mi torna alla memoria il preventivo che il cardiochirurgo, da me chiamato, aveva stimato per il ricambio di tre valvole ed era molto alto, per Elias sicuramente proibitivo, quasi il costo di un’auto nuova!

I pensieri si accavallano veloci nel trascorrere del tempo e le domande si susseguono.
Ci sono dei rischi di mezzo volendo fare il protagonista di un salvataggio quando si arriva tardi!.
Mi chiedo: Dov’è il coraggio di lanciarsi al largo, senza troppe sicurezze e calcoli, fidandomi di più nella Sua azione di Provvidenza che nella mia capacità?

Questa agitazione mi fa alzare dal letto: è l’una del mattino. Fermo tutto sulla tastiera mentre scrivo e correggo. Riguardo quanto ho scritto lanciando un appello, raccontando ai più vicini e a persone che sento in forza, quello che mi sta succedendo, chiedendo loro un concreto appoggio per l’intervento di Elias. L’orologio segna le tre del freddo mattino.

Dico che non me la sento di salutare Elias quando in mattinata dovrà lasciare l’ospedale, magari con una mano sulla spalla per dirgli “vai tranquillo, vedrai che qualcuno ti aiuterà a migliorare”.
Queste raccomandazioni sanno troppo di falso, di menzogna e retorica, proprio quello che combatto perché cambi qualcosa attorno a noi, soprattutto in questo ambiente.

E quel “qualcuno” possiamo essere noi in questo momento attraverso le conoscenze che abbiamo per muovere la Solidarietà che non deve stagnarsi, dimostrandoci capaci di un gesto che ci risvegli e faccia uscire da noi la parte Buona che è in ogni persona.
In forma mirata invio il messaggio a dieci persone conosciute per la loro sensibilità, sapendo della loro qualità generosa e disponibile. Questo per coinvolgerci sul serio, per non voltare pagina di fronte alla disperazione di insopportabili situazioni di malattia che non lascia spazio a varianti. Insieme possiamo scrivere una pagina bianca per raccontare cosa siamo stati capaci di fare insieme e con impegno per aiutare.

Se si tratta di cuore, dobbiamo migliorare il cuore di Elias cambiando le valvole e rendere il nostro cuore meno indurito e più agile nel sentire il dolore e la sofferenza dell’altro!
Con questo spunto di speranza l’indomani do la notizia a Elias, dicendogli che sto aspettando il miracolo di un aiuto da amici, che parla del Bene tra gli uomini e che sarà il premio del Signore.

Se crediamo alla forza delle piccole azioni non possiamo solamente delegare a organizzazioni incaricate che poi non ci sono! L’indomani arriva immediatamente la sorpresa: le persone coinvolte non sono unicamente quelle che pensavo sensibili; sono dei giganti che insegnano con una risposta di forza, immediata, decisa e pronta. Elias verrà aiutato per l’intervento del ricambio valvolare senza i limiti dei costi.

Una volta saputo l’esito della ecocardiografia normale e trans-esofagea, si valuta la possibilità di poter fare il trapianto valvolare in Italia all’Ospedale Papa Giovanni XXIII. La strada è tutta da percorrere, non ben tracciata e da inventare percorrendola per i permessi che sono necessari dalla Regione, oltre che varie formalità; e, non da ultimo, il passaporto, il visto dell’ambasciata ecc… tutti segni evidenti che dobbiamo restare in Bolivia e rivolgerci all’Ospedale esperto di cardiochirurgia.

Elias, quando si sente dire che il rischio chirurgico è 50%, ci pensa, e dice: “Forse è meglio che i miei ultimi giorni li viva come il Signore ha disposto, senza interromperli di colpo con una chirurgia che potrebbe andare male”.
Il cardiochirurgo, per limitare i rischi, dice che si cambieranno solamente due delle tre valvole malate: questa sua riposta abbassa di molto la percentuale di rischio!

Ieri l’intervento a cui ho partecipato è durato quattro ore. Il cuore si è fermato quando il sangue è stato dirottato ad una pompa per ossigenare il sangue che sostituisce il cuore e i polmoni.

La destrezza e l’esperienza del cardiochirurgo nel cambiare la valvola mitrale con una meccanica e riparare la tricuspide, sono state la dimostrazione di passi coordinati e di bravura. Il cuore, dopo alcuni massaggi, è ripartito. E speriamo che continui a battere per molti altri anni ancora.

Dr. Pietro Gamba

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