Per il bene di un bambino, Juan Raul

19 Dicembre 2013

In Ospedale abbiamo Juan Raul, un bambino di 7 anni di una nostra comunità e che è con noi da due mesi.
Non migliora.
E’ stato portato dalla maestra che lo vedeva assente dalle classe e, andandolo a trovare, lo vedeva morire per una gamba carica di pus, infetta, gonfia e dolorosa che abbiamo immediatamente drenato in diverse opportunità.
Ora la complicazione si è trasferita al femore che, per il contagio dell’infezione si è rotto spontaneamente.
La radiografia ha evidenziato chiaramente l’infezione estesa su tutto il femore e la soluzione indicata per la guarigione è quella di aprire l’osso per drenare l’infezione dal midollo osseo.

Ieri è stata una lotta per difendere i diritti del bambino.
I genitori sono venuti forti della convinzione e decisione presa di portar via dall’Ospedale Juan Raul, con orientazioni chiare del “curandero” che, guardando la coca, ha intravisto gli sviluppi futuri della guarigione spontanea.
La sua sentenza per il piccolo è quella di una malattia incurabile dell’osso che, con impacchi e pazienza, potrà guarire spontaneamente in un anno e l’osso infetto verrà poco a poco espulso da un piccolo foro che non si chiuderà mai per la sua vita.
Smantellare questa credenza è dura. Al Signore prima della riunione con i genitori inamovibili nella loro decisione, ho chiesto il dono della pazienza, unicamente per salvare il piccolo che volevano sacrificare al suo abbandono di dolore, febbre e possibile morte.
Come far capire che la mia posizione non risponde a nessun interesse ma unicamente vuole applicare conoscenze mediche che attaccano le cause della malattia per un miglior risultato?

Alla riunione sapevo di non avere ragione se mi scontravo direttamente con la locale cultura.
Con molto rispetto, ma anche con ferma convinzione, l’unico mio obiettivo chiaro era quello di aiutare Juan Raul con una nuova chirurgia da realizzare sull’osso aprendolo e raschiare ogni detrito di infezione.
Per aiutarmi nell’intento, ho cercato l’aiuto dell’autorità massima educativa del posto, che sapevo legato a me da amicizia e vicino alle mie intenzioni.
Dopo le prime inutili battute del professore, per far ragionare diversamente il padre del piccolo indifeso, ho respirato a fondo… con pazienza, con dolcezza per intervenire con voce convinta e allo stesso tempo di molto rispetto e pazienza. Una mediazione quasi diplomatica.

Stavolta dovevo riuscire ad aiutare con un aiuto che non era il convenzionale conosciuto dei conti azzerati.
Al mio rientro dal viaggio in Italia, sono stato sorpreso dall’aiuto che è riuscito a smuovere la malattia di Juan Raul, toccando la sensibilità dei suoi professori coinvolti come non ho mai visto finora.
Si sono auto-quotati per aiutarlo con una somma grande che ha coperto le spese dell’Ospedale.
Allo stesso modo hanno fatto i suoi compagni di classe andando per la piazza con salvadanai per raccogliere, moneta dopo moneta, una cifra che ha un alto significato.
Su questi fatti ho mosso il mio intervento, dicendo che non potevamo lasciar andare dall’Ospedale il piccolo che significava per tutti quanti coinvolti, professori ed alunni, abbandonare Juan Raul a se stesso.
Si è fermato l’animo di scontro, come si fossero deposte le armi. L’intuizione era vincente; con Juan Raul c’è tutto il paese attento che chiede di lui e questo ci da la sufficiente autorizzazione e forza a procedere per la chirurgia.

La mamma e il suo papà, capendo che si mettevano contro molta gente con un risultato comunque incerto e lungo da sopportare, dapprima con un cupo lungo silenzio, poi scoppiando in pianto, si sono arresi.
Ho detto: procediamo… e immediatamente il piccolo di sette anni era in sala chirurgica con il femore esposto e sanguinante che lasciava intravedere sacche di pus racchiuse e materiale putrido nell’osso aperto al raschiamento.
L’osso aperto su tutta la sua lunghezza, sottoposto a pulizia interna ha presentato complicazioni con la frattura e poi, nell’applicare il fissatore, la rottura di un’arteria importante con un’emorragia acuta da un corpo già indebolito e anemico.
Alla fine il respiro di sollievo viene dal dovere compiuto, dalla passione per essere stati un bel dono trasformato per Juan Raul che ha ricevuto durante la chirurgia due sacche di sangue, una tolta all’infermiera in sala (che ha poi continuato a circolare) e l’altra trovata da altra persona disponibile.
L’emergenza è passata. Resta ora l’evoluzione da continuare con la gente che chiede e noi medici attorno a Juan Raul per aiutarlo.

Un caro saluto
Dr.Pietro Gamba

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