Ricordi vivi di Teodosio, dirigente di Challviri

22 Maggio 2015

Ieri mi è giunta notizia della morte di don Teodosio, il dirigente “campesino” che, quasi quarant’anni fa’, mi ospitò nella sua casa, quando avevo 25 anni.
Ho voluto essere presente dove si vegliava il suo corpo per onorarne la memoria che è ricca di emozioni positive.
La sorpresa di essere per l’ultima volta con Teodosio, mi ha incoraggiato a dirigermi ai presenti con alcune espressioni di sentimenti spontanei che ha lasciato in me la sua persona.
Era buona, semplice, umile e forte nelle responsabilità che assumeva donandosi con un impegno pieno con il fine di lasciare attorno a sé un mondo migliore dove era possibile cambiare rinnovando quello che ci si trovava.

Teodosio è stata la persona che per prima mi ha accettato nella comunità di Challviri, quando lui era dirigente, ai suoi 35 anni, e per tutti era un indiscusso e naturale “lider” della comunità dove era nato.
Era lui che convocava la riunione mensile e le frequenti riunioni straordinarie, a secondo del bisogno, facendo suonare dalla parte più alta delle montagne circostanti il “pututu”, un corno di vacca che emette un tipico suono grave, lento e costante, per chiamare la comunità a riunione che poi si protraeva dalla sera fino a notte fonda.
Era lui che dirigeva: ascoltava tutti con molta pazienza perché nessuno fosse escluso dall’esprimere il suo parere. La riunione non terminava fino a quando tutti i partecipanti erano d’accordo nella decisione presa con la maggioranza di consensi e idee. Solo quando più nessuno parlava, la decisione era raggiunta.

La sua decisione di accettarmi nella sua casa e nella sua comunità, avvicinandomi ai problemi della gente, ha cambiato la mia storia!
Entrare nella sua casa, mi ha portato poco a poco a conoscere un mondo per me dapprima sconosciuto, irreale, sentito unicamente raccontare… ma mai sperimentato e provato poi come è il mistero della povertà. Da vicino e da dentro le cose divengono diverse. Nei dettagli si percepisce la difficoltà e la sofferenza di quando Teodosio condivideva le problematiche di far rispettare le decisioni prese per fare giustizia e per mettere ordine per un bene comune e per tutti.
Nelle riunioni Teodosio si è rivelato essere un lider nato, un conduttore capace di infondere coraggio e trasmettere impegno per un miglioramento da raggiungere insieme. Quando si presentavano situazioni difficili o quando il disinteresse primeggiava, era lui che prendeva il comando portando per primo il peso delle responsabilità che assumeva per il bene di tutta la comunità. Insomma era uno stimolo vivo e presente come cemento necessario e forte per mantenere unita la comunità, facendo emergere un senso di appartenenza che permetteva di rimanere uniti nella comunità.

La sua responsabilità era totale e andava dall’amministrare la giustizia locale, secondo gli usi e costumi del posto, all’organizzare dei lavori comunitari in beneficio di tutti. Come per esempio l’impegno del mantenimento delle strade o l’apertura di nuove, oppure all’impegno di rappresentare di fronte alle autorità superiori della città con i propri mezzi i poveri e per difendere i diritti delle proprietà dei terreni non ancora riconosciuti legalmente dopo la riforma agraria del 1952. Per rappresentare la comunità e per il bene comune si muoveva per tutti e a nome di tutti. Quando doveva rappresentare la comunità era lui che partiva a piedi rimanendo distante dalla famiglia anche dei giorni per affrontare gli inghippi burocratici e per ritornare alla comunità con il senso del dovere compiuto. Per questi impegni restava indietro nel suo personale lavoro dei campi, ma era la stessa comunità che poi si organizzava per aiutare donandogli qualche giorno di lavoro proprio per lui.

Rimane il ricordo di una persona di principi e di valori, come poche tra quelle che ho conosciuto!
Un giorno, dopo essere diventato medico sono ritornato in Bolivia scegliendo il paese di Anzaldo, con mia sorpresa è venuto a trovarmi per chiedermi un favore. Sapeva la mia grossa stima per lui e mi disse: “Pedrito, sono a chiederti un aiuto, perché non riusciamo a terminare la strada che stiamo aprendo per arrivare ai terreni della selva che sono della nostra comunità. Da circa 15 anni stiamo lavorando con immensi sacrifici con la sola forza umana delle nostre braccia senza riuscire a terminarla. Ora siamo riusciti ad ottenere un aiuto dalla Prefettura che ci presta una ruspa per aprire la strada.
Noi dobbiamo mettere il combustibile. Abbiamo aperto più di 15 km. ma ora, la gente è stanca ed ha dato tutto quanto si poteva dare.
Abbiamo chiesto ad ognuno prodotti in patate, soldi e soprattutto lavoro ma ora vediamo difficile la conclusione e ci servirebbero ancora 700 dollari per terminare nel tempo stabilito fintanto ci permettono l’uso della macchina”. Sapeva che non gli avrei dato una risposta negativa, anzi, al contrario mi onorava partecipare al loro sforzo per raggiungere un obiettivo da molti anni atteso. Fosse stata molto di più la richiesta, ero contento di poter aiutare!
Ma, come era nei suoi principi e con molto rispetto mi disse: “Al momento i soldi non servono tutti; una metà è sufficiente e quando sarà il momento ti chiederò…”

Un comportamento non comune e non facile da trovare qui, è pieno di rispetto, di onestà e di grande esempio, dove non si coglie l’opportunità dell’istante da approfittare perché cambia e, non si sa mai, serve anche per i benefici personali.
Davanti alla sua bara, in mezzo a tanti fiori e candele portate da tante persone venute a visitarlo per una preghiera e un ricordo, sfilano tante persone che ora trovo anziane e che ricordo dai nomi dei miei giovani anni passati nella loro comunità di Challviri.
Si presenta suo figlio Pedrito, nato quando ero nella sua casa e che la sua famiglia ha voluto mettergli il mio stesso nome per ricordarmi. Ora è una persona adulta e lo ricordo sulle spalle della sua mamma Ottavia, quando cucinava in quella capanna di paglia con tanto fumo e dove la mia fame era sempre messa a dura prova.
Abbraccio gli altri figli, il maggiore Amedeo anche lui è nella mia memoria quando era un piccoletto e correva a prendere l’acqua, nella discesa che dalla sua casa portava al fiume dove si riforniva con una lattina di plastica gialla. Era un ragazzetto vivace a piedi nudi nel freddo; ora è un signore adulto ben vestito e irriconoscibile per me che cerco di far coincidere i ricordi del tempo passato!
Le persone attorno sono vestite a lutto. Nel silenzio si passa la coca e la “kuyuna” che è una sigaretta che si usa nel “velorio” accompagnando insieme il defunto. Ognuno è assorto ed eleva qualche preghiera per l’anima della persona cara.
Teodosio ci ha lasciati in fretta dopo circa una settimana di malore e senza soluzione, essendo sopravvenuta la complicazione di una morte improvvisa.

La sua famiglia, di otto figli, è rimasta senza la mamma Ottavia scomparsa circa 5 anni fa.
Seduto al mio fianco c’è l’ultimo dei figli che non ho mai conosciuto perché ancora non era nato quando ero nella sua casa. Mi dice sottovoce che suo padre gli ha parlato spesso di me, che sono diventato medico dopo essere stato in Challviri e che poi sono ritornato in Bolivia per scegliere Anzaldo dove ho avviato un Ospedale. Mi dice ancora: “mio papà ci lascia tre cose importanti per noi figli che sono i valori e non le cose che si comprano. Sono queste tre: Responsabilità, Onestà e Umiltà”. E continua. “Così è stato mio padre nell’esempio della sua vita.
Umile restando sulla terra a lavorare, dove, una settimana fa, era ancora chino a raccogliere le patate nel clima freddo dei posti conosciuti dei suoi campi di Challaviri.
Onesto perché non ha rubato a nessuno, non ha mentito né ingannato nessuno per trarre benefici personali.
Responsabile al punto che ancora copriva l’incarico di dirigente cantonale non per carriera politica ma per servizio.”
Un grande esempio di persona che ha sempre privilegiato e coltivato i valori dei buoni principi più che le cose materiali da accumulare!

La sua vita è stata un pezzo di storia che non si archivia.
E’ stata una persona buona che con umiltà ha saputo cambiare il suo pezzo di mondo vissuto e questo pezzo è coinciso con la mia vita e il mondo che, anche se poco, siamo riusciti a cambiare.
Teodosio e le persone come lui non muoiono, perché rimangono come una luce che illumina le scelte e le strade da prendere, rimangono come una forza che serve per cambiare e per migliorare la vita e rimangono come esempio da imitare!

Pietro.

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