Riflessioni di un giorno

1 Ottobre 2019

Scrivo dopo alcuni giorni dagli eventi che voglio raccontare perchè sono stati impegnativi e degni di riflessione. Era venerdì, avevamo in programma di riunire gli anziani del paese per offrire loro un pranzo condiviso. Questa idea è stata una novità per avvicinare persone povere del paese che oggi identifichiamo facilmente in molti anziani che, dopo aver lavorato una vita intera, restano soli, abbandonati nelle loro case, a volte sopportando dolori di qualche male cronico tipico della vecchiaia. L’età che avanza dovrebbe portare alla “jubilacion” che tradotto in italiano letteralmente è pensionamento, anzianità, ritiro. Jubilacion deriva da giùbilo, equivalente a “sentimento d’intima e intensa gioia, per lo più causato da qualche piacevole avvenimento“.

Il “piacevole avvenimento” dovrebbe nascere quando si lasciano le responsabilità di una vita lavorativa e tutti gli impegni che ne derivano, per vivere più intensamente sentimenti di intensa gioia. Il più delle volte invece si verifica il contrario: al raggiungimento dell’età che invalida le normali attività lavorative, vi è una caduta in un profondo isolamento che aumenta con il trascorrere degli anni.

Una causa dell’insorgenza di questo stato di solitudine è la mancanza della vicinanza da parte dei propri figli, la maggioranza emigrati in città o all’estero in cerca di migliori opportunità per la propria famiglia. In questa situazione la sorpresa di un invito a un momento di condivisione come il pranzo, ha avuto un riscontro notevole. Una cinquantina di persone anziane si sono ritrovate, esprimendo grande soddisfazione per l’iniziativa che li ha coinvolti, uscendo così dalla solita monotonia quotidiana per un incontro inatteso e fuori programma. Le emozioni manifestate nei discorsi, che qui sono d’obbligo, hanno applaudito l’iniziativa che sarà sicuramente da ripetere con altri appuntamenti dato che nessuna organizzazione pubblica o religiosa si occupa di questa fascia della popolazione.

Intanto l’attività dell’Ospedale mi ha richiamato al dovere per tre importanti chirurgie accumulate che ci hanno impegnati fino a tarda notte. Alla fine della giornata tutto il personale coinvolto nell’attività chirurgica ha compiuto il proprio dovere con non poca stanchezza provvedendo a liberare calcoli dal coledoco, dalla cistifellea e riparare una fistola perianale. Alle tre del mattino, nel pieno del sonno riparatore, ecco di soprassalto la chiamata d’emergenza per una distensione addominale di un giovane delle nostre comunità che è arrivato con un insopportabile dolore per l’ostruzione intestinale in corso che non permette di scaricare i gas e i liquidi fisiologici dell’intestino. Non riuscendo a liberarlo dall’ostruzione con una sonda rettale, l’unica soluzione è la chirurgia.

Il chirurgo, da poche ore arrivato a Cochabamba con estenuazione dovuta anche dal viaggio, viene svegliato nella notte e con risposta confusa propone di aspettare il mattino seguente per permettergli di recuperare le forze prima di tornare al lavoro. Il paziente, nell’attesa della chirurgia, viene così calmato con forti antidolorifici.

Dopo l’attesa del chirurgo, rieccoci nuovamente pronti per la chirurgia. La colazione viene interrotta improvvisamente e l’emergenza diventa panico. Il cuore del paziente si è arrestato. Tutto il personale corre per assisterlo e rianimarlo in attimi carichi di paura e timore di non riuscire a rianimarlo. Si praticano le manovre manuali attraverso delle compressioni cardiache sul torace, si intuba per dare ossigeno sicuro al polmone e non manca la dose generosa di adrenalina in vena, la stessa che sentiamo aumentare in tutti noi. Spalmando di gel i due elettrodi si scarica alta corrente al cuore con lo stimolatore.

Il paziente a terra sobbalza forte e il monitor dell’elettrocardiogramma segna all’improvviso la ripersa del ritmo cardiaco. Si sta vincendo il silenzio piatto della morte. La speranza si accende nel nostro corpo e la vita ritorna nel paziente. Il chirurgo ordina di trasportare rapidamente il paziente in sala operatoria, così come è. Di corsa Adalberto, senza rispettare i tempi necessari delle rigorose e abituali norme dell’entrata in sala operatoria, si trova sul lettino e il chirurgo incide largamente tutto l’addome. Avendo incannulata la vena e il tubo in trachea è immediato passare all’anestesia generale che all’inizio, non essendo ancora abbastanza forte, permette al paziente sentire il taglio praticato dal chirurgo che, con confidenza, dice essere un buon segno. Continuo con l’anestesia e dopo tre ore il paziente si sveglia, ci riconosce con coscienza lucida e viene informato che l’operazione è andata bene e gli si è asportato mezzo metro di intestino, lasciandolo con un sacchettino laterale (colonstomia) che dovrà portare per tre mesi prima di un nuovo intervento per normalizzare il transito intestinale.

L’intestino asportato di colore nero catrame è putrefatto e necrotico per l’ostruzione durata qualche giorno e le tossine assorbite in circolo sono state il motivo dell’avvelenamento che ha scatenato l’arresto del cuore. Questa è l’evoluzione della malattia di Chagas che è endemica nella nostra zona e per molti ha comportato la morte senza nemmeno concedere il tempo per arrivare all’Ospedale.
Con i miglioramenti di Adalberto anche noi ci sentiamo sollevati con un respiro di sollievo misto alla gioia per il risultato ottenuto.

La ripresa della vita del giovane ci invade perché ora Adalberto può vedere il suo primo figlio che tra meno di un mese nascerà dalla giovane mamma, la quale, emozionata, riabbraccia il ragazzo.
Il peso di queste emozioni sono Forza e Motivazione per continuare.
I pensieri si accavallano per Ringraziare spontaneamente quel Signore della vita che ci è vicino.
I miracoli che viviamo ci fanno toccare con mano il mistero della Vita che non sempre decifriamo facilmente. Il mistero è l’anima che spinge e fa crescere la passione per migliorare la preparazione e l’organizzazione, diventando stimolo salutare per lo Spirito che sente accresciuta la fiducia e la Fede in COLUI che sa di ognuno di noi.

Dr. Pietro Gamba
Direttore “Centro Medico Quirurgico Fundación Pietro Gamba”
Anzaldo – Bolivia

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