Viaggio in Bolivia dal 20/9 al 12/10 2013 di Evelina

31 Ottobre 2013

Dopo quasi una settimana dal ritorno del mio viaggio in Bolivia è giunto, anche per me, il momento di mettere per iscritto alcuni appunti di viaggio. In molti l’hanno già fatto, ora è il mio turno.
Questo, però, non vuole essere solo la cronaca di un viaggio, ma la ricerca degli elementi e delle emozioni più intime di queste tre settimane. E per me, molto emotiva, questo è un lavoro molto molto difficile; un altro viaggio, seppur con un pizzico di ironia, questa volta dentro me stessa.
Inizio con una domanda facile, quelle difficili le tralasciamo. Cosa porto a casa da questo viaggio?
Niente di materiale: non porto cibo, non porto foglie di coca e nemmeno souvenir. Forse è meglio cosi. Posso soffermarmi sugli aspetti più interessanti.

Per circa un anno mi sono chiesta cosa hanno trovato Pietro Gamba in primis e a seguire tutti gli altri italiani, per lo più bergamaschi, che si firmano nel “libro d’oro” di Pietro, in questa benedetta Bolivia, tanto lontana ed irraggiungibile dall’America latina, figuriamoci dall’Italia. Cosa diavolo ho trovato in Bolivia che mi porta a dire che è stata un’esperienza indimenticabile, una lezione di vita.
Dopotutto è stato un viaggio relativamente corto, impegnativo e difficile. Faceva freddo, si parlava lo spagnolo e ho impiegato quasi tre giorni per arrivarci; più di una volta ho sentito Pietro Gamba dire: “ io ho scelto la terra di Anzaldo perché circa trent’anni fa non c’era niente. Ah, ” que bien” , iniziamo bene la riflessione. Però quel suo niente è diventato tutto: luce, acqua, strada, case, clinica, famiglia e vita.
Fatica e sudore, sconfitte e amarezze, sicuramente nostalgia ma poi soddisfazione e gratitudine. Emozioni banali, oserei dire, per il tipo di avventura intrapresa da Pietro, talmente banali che giova ricordarle.
Ma io cosa ho trovato? Terre aride e terre umide, il sole e la pioggia, il fango e la terra, il riso e le patate, un po’ di paura e un po’ di nostalgia, le montagne e le lagune, il sole e le stelle, la ciudad e il pueblito, il ricco e il povero, il medico e il campesino, il bue e l’asino.

Le contraddizioni incommensurabili.
Il paese della pachamama e delle contraddizioni.
Il paese delle difficoltà, come dice Pietro, qui la vita è dura e fatica non è contare i petali dei fiori e rimirare le montagne.
Ho trovato il saluto quotidiano della gente, la condivisione di coca, papa y arroz, l’aiuto nelle difficoltà con un ottimismo quasi esagerato. La convinzione profondamente sbagliata che nel Terzo mondo abbiano bisogno del tuo sapere, della tua cultura e del tuo lavoro, in realtà sei tu che hai completamente bisogno di loro per ogni necessità, altrimenti saresti ancora nel fango nella foresta del Chapare ad aspettare che la smetta di piovere; tutto il tuo sapere rimane sull’aereo, perché non serve a niente. Non ci si scalda, non si mangia e non ci si sposta nella foresta con la nostra mentalità e la nostra esperienza.
Pensavo di portarmi a casa un po’ di nostalgia, di difficoltà con la lingua spagnola, di lontananza dagli affetti e dalla comodità, dall’acqua calda dal bagno e dalla corrente elettrica, ma tutto ciò è rimasto intrappolato dalla bruma grigia e spessa della zona tropicale.

Porto a casa i sorrisi dei bambini, l’ottimismo dei campesinos e la pazienza delle donne; il sorriso discreto e timido di Salazar e del suo papà che hanno fatto i giardinieri per Pietro per qualche giorno per pagare il debito per l’intervento alla mano del piccolo, l’ottimismo dei campesinos che ci aiutavano a attraversare il fiume con gli zaini e le casse di cartone, convinti che saremmo usciti dalla foresta del Chapare, nonostante la jeep nel fango, che non si muoveva nemmeno trainandola con le funi, la pioggia, il fango e il freddo; in effetti siamo usciti, camminando per otto ore, e loro hanno avuto ragione; la pazienza delle donne che pascolano, crescono figli, preparano da mangiare, tessono la lama degli alpaca e camminano al tuo fianco per accompagnarti, non si sa bene dove, per otto ore, con discrezione, offrendoti arroz e papas di tanto in tanto.

Porto a casa la generosità che, molto spesso, appartiene solo ai miseri.
Porto a casa la consapevolezza che, usando parole trovate nel “libro d’oro di Pietro”, non bisogna mai arrendersi alle difficoltà, all’amarezza e alla delusione perché il compromesso è la fine dell’uomo


Evelina

Altri Racconti

Auguri di Buona Pasqua 2024
Auguri di Buona Pasqua 2024

Il dottor Pietro Gamba e la sua famiglia augurano a tutti una Buona Pasqua, ringraziando al tempo stesso coloro che hann...

Solidarietà a confronto
Solidarietà a confronto

Due racconti di solidarietà a confronto: la comprensione del lavoro e della fatica del campesino attraverso la cura del...

Viaggio in Italia 2023
Viaggio in Italia 2023

Dopo le tre settimane del mio viaggio di quest’anno in Italia, desidero condividere le emozioni che mi hanno ricaricat...

Bottom Image