Che pizza!

4 Aprile 2023

Raccontare un mese ad Anzaldo sarebbe immediato e logico parlare dell’attività ospedaliera, della competenza e professionalità di chi lavora in questa oasi della medicina lontana dalla città e al completo servizio della gente.

Potrei raccontare le operazioni chirurgiche da quelle più semplici a quelle che richiedono ore di intervento, della gente in attesa per un consulto davanti agli studi di Pietro e Antoine, il laboratorio chimico  della Macchi che garantisce risposte in breve tempo, le emergenze nel pronto soccorso, la disponibiltà 24 su 24 di garantire una presenza ospedaliera seria alle popolazioni che vivono nei piccoli paesi e comunità intorno ad Anzaldo, di garantire sempre un’accoglienza a chi soffre.

Ma quello che voglio raccontare è invece uno spaccato di vita, un dietro le quinte, un momento di condivisione e spensieratezza del personale dell’ospedale. Una serata, tutti insieme, a mangiare la pizza. Il forno, costruito artigianalmente dietro la casa di Pietro e Macchi è già caldo. L’impasto è pronto. Nel tardo pomeriggio, alla spicciolata, iniziano ad arrivare le infermiere, le dottoresse del laboratorio, i medici, le donne delle pulizie e tutto il personale che aiuta e permette di far funzionare questo piccolo gioiello come un orologio svizzero.

Il giardino si riempie di voci squillanti e allegre. Nuvole grigie coprono l’ultimo sole che sta tramontando. “Tranquillo, mi dice Pietro, non piove”  Per un breve periodo si lasciano fuori i problemi e le emergenze dell’ospedale. Si prova a volare sopra e dimenticare per un paio d’ore quelle che sono le piccole e grandi patologie che colpiscono un popolo fiero e duro, dalla pelle color cuoio, che vive in mezzo a questi monti e che cerca una risposta alle malattie, un sostegno morale e un sorriso da chi lavora qui, nell’ospedale di Pietro Gamba. Seduti intorno ad un tavolo si parla del più e del meno, si ride, si ascolta la musica italiana che Norma, la figlia di Pietro, fa uscire dal suo cellulare. Arrivano altri amici, come Javier, un famoso cantante boliviano che ha aperto qui vicino un laboratorio di liuteria per charango (piccola chitarra del posto).

E mentre mi sta raccontando che “costruisco l’antico e tipico charango boliviano perché non voglio che si perdano le tradizioni di questo popolo dove sono nato e vissuto”, veniamo interrotti dal grido del Pietro che armeggia con la pala davanti al forno ed annuncia che la prima pizza è pronta. Viene portata al centro del tavolo ed ognuno prende il suo spicchio. Arrivano altre pizze, mentre l’atmosfera continua ad essere allegra e sembra di essere in una serata tra amici, che si ritrovano in un giardino di una qualunque città, a ridere, bere e mangiare dopo una settimana di lavoro.

Ma basta il piccolo gesto di Elisabeth, la capo infermiera, che mette della pizza in un piatto e dice: “la porto a due pazienti ricoverati in ospedale”. Ecco, è qui, in questo gesto che può sembrare piccolo, ma che invece è grande e importante, che mette in luce quello che Pietro Gamba insegna nel suo ospedale di Anzaldo e che i libri di medicina non dicono: anche nei momenti in cui non si indossa il camice e non si è in ospedale bisogna sempre ricordarsi di avere un pensiero per i malati, non dimenticarsi mai perché si è qui, non scordare chi sono i protagonisti e gli attori principali di questa avventura iniziata in Bolivia 38 anni fa da Pietro Gamba con un piccolo ospedale: i malati, la salute.

Questo piccolo gesto non è solo una gentilezza. E’ uno stato d’animo e di vicinanza per far sentire a chi soffre che non è solo. È portare un conforto, anche piccolo, ma che a volte vale più di una medicina.

Luigi Baldelli 

 

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