Continua la lunga fame dei Campesinos

14 Maggio 2013

Siamo ritornati sulle stesse strade che cinque anni fa, abbiamo percorso con Ettore Mo e Luigi Baldelli, corrispondente esteri e fotografo del Corriere dalla Sera, che, con sorpresa, nel settembre del 2008 mi fecero visita per poi dedicarmi due pagine con l’articolo: “La lunga fame dei Campesinos“ pubblicato sul giornale che li inviava.
In quell’articolo Ettore Mo, raccontó con capacità quanto riuscì a provare e osservare, pestando prima di scrivere, come dice lui, con la suola delle sue scarpe e riuscendo a passrae immagini di tinte forti con la sua penna ricca di poesia e immaginazione per rendere interessanti le immagini che descrive.

Con la visita del dott. Cono, sua moglie Tiziana e i loro due amici (Beppe e Sarah), ci siamo trovati sullo stesso mezzo che, con la luce dell’alba ci portava sui tortuosi tornanti sterrati che tra valli e montagne dove “si sono sepolti” gli ultimi Campesinos che coltivano, ricavandone ben poco, terreni a patate, mais e frumento e che vivono in piccole comunità della regioine povera del Nord Potosì che confina con la nostra area sud di Cochabamba.


Il motivo del viaggio è stato quello di offrire le nostre competenze mediche fuori dall’Ospedale andando direttamente sui posti da noi lontani per offrire una campagna medica con pap-test (Citologa:Margarita) ecografie addominali, visite mediche generali e di specialità (Dermatologa:Tiziana) con particolare attenzione alla ricerca della patologia prostatica (Ecografia: Pietro e Cono).

Ci siamo trovati a vivere in un altro mondo, con diverse tradizioni dove uno dei segni piú tipici di riconoscimento e di distinzione è il tipo di cappello di feltro che usano con orgoglio uomini e donne, per riconoscersi unici originari di queste zone di montagna. Quasi cinque anni fà, in un simile viaggio, accompagnammo, insieme a Cono, il piccolo Marco (da noi chiamato:“Marquito”), un bambino di sette anni rimasto nel nostro ospedale per piú di due mesi e curato per una osteomielite alla tibia destra. Lo accompagnammo fino a casa sua, e da allora non lo abbiamo piú visto ne abbiamo saputo nulla di lui. Trovandoci ora vicini alla comunità in cui vive, abbiamo chiesto sue notizie e ci dicono che lo conoscono e ci assicurano che stá bene. Arrivare a casa sua è complicato; la strada finisce e dovremmo continuare a piedi per alcune ore. Il poco tempo che abbiamo a disposizione ci impone una scelta; scegliamo di non rubare tempo alle persone che ci stanno aspettando con questa sorpresa che offre visite mediche gratuite per tutti, coordinate con i sanitari locali che ci conoscono da tempo per portarci diverse emergenze in Ospedale

A Acorachi, una comunità sul cammino, ci fermiamo quando il sole stà nascendo e rischiara le sagome oscure delle montagne a noi non famigliari.Troviamo Esteban, basso di statura, con il naso storto, stimmate chiara che parla del suo coraggio giovane, quando entrava nel rituale del“ tinku”, la lotta che persiste in questi posti, per onorare la fertilità della madre terra, con il sangue che esce dalle ferite provocate da calci e pugni di un violento scontro personale.
A Churitaca troviamo tutto il paese, o meglio, l’intera comunità che ci aspetta. Ci organizziamo con le nostre attrezzature e i farmaci portati con noi per creare un improvvisato ma funzionante laboratorio con tanto di sala prelievi, sala ecografica e le altre sale per le visite mediche.

I pazienti arrivano e si accalcano senza ordine per cercare il vantaggio di essere visitati, pensando che quel momento è da sfruttare subito senza lasciarlo scappare perchè puó essere una sorpresa che puó durare poco e svanire. I sanitari locali, ci aiutano ad organizzare le persone spiegando che resteremo con loro tutto il giorno.

Presto gli ambulatori si riempiono di facce sconosciute, gli uomini con i varipinti colori delle giacche e del “chulo”, le donne con le “pollere” colorate. Ci sono tanti bambini in braccio alle loro mamme che, per una puntura dell’infermiera ricettata dal medico per un’infezione polmonare, o della pelle, strillano paurosamente e si nascondono dietro la mamma. Si respira un momento insolito, significativo, bello da provare, che fà tornare indietro nei ricordi di tempi passati. Partecipare da vicino con queste sconosciute popolazioni, avvicinare persone che con la loro risposta e fiducia ci raccontano i loro mali per trovare una cura efficace e definitiva, sembra darci importanza.

Anche le donne dimostrano di non avere paura del prelievo citoligico dell’utero. Troviamo denutrizione nei bambini, e alcune patologire congenite dalla nascita. Di fronte ad un bambino sordomuto incurabile, è spontaneo pensare che solo Gesú puó curare con miracoli.

Il bilancio del lavoro è l’elevata patologia d’infezioni del collo uterino trovate nelle donne in età fertile che hanno ulcere curabili con il trattamento che gli lasciamo. L’ecografo riesce a spiegare tanti malesseri addominali causati da calcoli biliari in diverse persone e così l’ipertrofia prostatica. A quanti serve una soluzione chirurgica come unica possiblità di cura, offro l’appoggio concreto del nostro ospedale.
Per la patologia oculistica trovata, devo ripetermi con altri programmi. Ritornando nei nostri abituali posti, riemergono le immagini impresse dei volti di molte persone incontrate, il loro semplice e riconoscente ringraziamento che esprimono per averli avvicinati e visitati, curati con farmaci nel loro mondo sconosciuto, isolato e abbandonato, dove sono adattati, da generazioni, a un silenzio che dura tutta la loro storia.
Il piú bel regalo che queste persone ci fanno, è il loro invito a ritornare per visitare altre persone malate che vivono in altre comunità distanti che non hanno potuto ancora conoscerci. Ci dicono che siamo i primi a dare sul posto il risultato immediato della diagnosi e terapia del pap- test. Questa è la nostra gioia come ricompensa del risultato. La loro gratitudine ci rafforza perchè siamo riusciti a a far sentire la nostra solidarietà e comprensione per il loro ingiusto stato di abbandono. Piú che Carità, il nostro impegno è un piccolo atto di Giustizia. In questi posti, senza troppe speranze, resta vero e invariato quanto Ettore Mo titolava e che oggi è ancora confermato per poter scrivere “Continua la lunga fame dei Campesinos”.

Un saluto a tutti.

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