Dove c’è ancora povertà

16 Settembre 2015

Condivido con voi che sento vicini, due storie di oggi.
La prima è la storia di un giovane, Maximo di 27 anni, partito stamattina presto con la corriera da un posto lontano da qui, perché l’ambulanza del posto (nord Potosì) costa ed è a pagamento. E’ arrivato con suo padre che l’accompagnava. Hanno pagato 6 euros per il viaggio e sono arrivati con la speranza di ricevere aiuto per risolvere il problema di salute. Diagnosi: Peritonite. Soluzione: Chirurgia d’emergenza!
Per i costi, gli avevano detto di parlare con un certo Dott. Prieto o Predro o Piedrito o qualche nome giù di lì. Insomma con uno che conosce la loro provenienza per essere stato nei loro posti e conosce le difficoltà del loro vivere.

Il giovane si presenta con un secchiello, come quello che usavamo quando andavo al mare a Cesenatico che serviva per giocare con la sabbia facendo i castelli. Il giovane mi chiarisce che il secchiello gli serve per il vomito che ha avuto da domenica, cioè da ormai cinque giorni. Sono stati cinque giorni d’infermo sopportando il dolore, per resistere, per capire se era un male passeggero, per sfidare le sue forze di resistenza campesina, e poter vincere contro quel malessere che invece è andato sempre più aggravandosi con febbre, dolore, vomito, debolezza fisica e digiuno che l’ha piegato in avanti per farlo camminare appena, come un vecchio debilitato e senza le sue normali forze e con tanto dolore.
In attesa dell’intervento, qualcuno li ha impauriti sui costi da affrontare per la chirurgia e così, piegati come sono arrivati, se ne sono andati lasciando l’ospedale senza incontrare quell’individuo dello strano nome che gli avevano detto. Avvisato del loro abbandono dell’Ospedale, li ho rincorsi, per riportare Maximo in sala operatoria assicurandogli che ero io quello che stavano cercando e che saranno aiutati a risolvere il male.

La seconda storia, sempre di oggi è di un bambino di 10 anni, arrivato ieri sera in ambulanza, sempre dal Nord Potosì, da un paese lontano da qui, per una frattura esposta del radio e del cubito destro. Il bambino di nome Fidel, è arrivato con sua madre che è senza marito e rimasta sola con quattro figli da allevare, tutti in età scolastica.
Il primo figlio, grazie al collegio rurale e gratuito portato avanti da istituzioni religiose di aiuto, quest’anno riuscirà a diplomarsi. Mi dice la mamma che lavora con qualsiasi occupazione pur di mantenere i 4 figli di cui l’ultima ha tre anni. Quando ha saputo della disgrazia di suo figlio, non ha capito più nulla e si è trovata, come era, sull’ambulanza precipitandosi qui.

Non si è cambiata neppure di vestito, non ha pensato al cibo e non ha previsto che oggi, il fine settimana, arrivano a casa i suoi tre figli dal collegio lontano e non la troveranno. Vuole ritornare indietro, per avvisare e tranquillizzare i suoi altri figli lasciati senza notizie.. ma la distanza è proibitiva per ogni decisione perché ci vorrebbe almeno un altro giorno. Stasera quando opereremo Fidel, è bene che ci sia sua mamma accanto. Verrà il traumatologo dalla città e alle spese ci penseremo noi. Se i costi della riparazione del braccio fossero come quelli vigenti in città, per loro non sarebbe possibile neanche concorrere e il figlio verrebbe curato empiricamente dai “curanderos”.
A nulla serve spiegare che l’infezione potenziale che potrebbe svilupparsi nell’osso, se non adeguatamente curato, sarebbe peggio dell’attuale frattura!
Non abbiamo soldi è il ritornello che si sente ripetere!!
Quasi a ripeterci che, se non l’abbiamo ancora capito, loro continuano per la loro strada quando la nostra storia non riesce ad affiancare la loro difficile e reale necessità.

Dott. Pietro Gamba.

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