Esther

26 Ottobre 2020

Esther è madre di due figli, abbandonata da anni dal marito. Donna tuttofare, quasi analfabeta, da anni al servizio dell’ Ospedale con regolare contratto di lavoro, è all’attenzione del paese per il meritato riconoscimento del Consiglio Comunale di Anzaldo che ha riservato per lei la sorpresa della distinzione “Esteban Arze “ in occasione della sessione di onore del 114 anniversario del paese.
Il riconoscimento personale è stato pensato dal Governo Municipale di Anzaldo per riconoscere con gratitudine le persone che si distinguono per i loro servizi umani e sociali.

Nello scritto si legge che Esther, facendo parte del gruppo umano dell’“Hospital Pietro Gamba”, ha potuto esprimere la sua vocazione di servizio e coinvolgimento con le persone più bisognose della Salute nei momenti di maggior crisi, dimostrando un’ attitudine altruista per lo sviluppo del Municipio.
Il meritato riconoscimento è certamente risuonato come sorpresa inusuale per tutti.
Esther, di forme umili e senza voler apparire, tipico delle persone semplici, seppur invitata, non si è presentata a ritirare il riconoscimento per non apparire con i notabili del paese. Si è rifugiata invece nella “chicheria” dove amici e conoscenti l’aspettavano per celebrare per fare festa all’anniversario del paese. Gli amici/che ben sapendo della sua conosciuta debolezza per la “chicha”, (bevanda alcoolica che si produce dal fermento di mais con effetti di stordire e ubriacare dopo i primi “boccali“ per poi continuare il consumo che arrivano anche a secchi di 5 litri) hanno con lei festeggiato senza misurare conseguenze.
Una volta innescata la gioia dei primi bicchieri, difficilmente riesce a resistere per ritornare alla normalità e alle responsabilità del lavoro che per quel giorno vengono dimenticate.
Forse il duro lavoro come è quello del campesino, induce alla tentazione dell’eccesso…che fa dimenticare le fatiche, le ingiustizie e la “mala suerte” di non avere ogni comodità che invece molti hanno in apparenza nella vita, con molta più fortuna.

Il lavoro di Esther è duro. Parte alle 5,30 del mattino ogni giorno, per la pulizia dei portici e pavimenti dell’ospedale che, per l’ora della prima visita medica, sono puliti e asciutti passati con acqua e detergente. Per le otto del mattino anche i rifiuti sono stati raccolti e separati negli appositi siti di raccolta per l’incenerimento al forno.
E’ l’incaricata dell’incenerimento dell’immondizia, che ogni anno si produce in Ospedale e che raggiunge circa i quattro quintali comprendendo resti infettati (raccolti in borsa rossa) che provengono dalle chirurgie e curazioni (circa 200Kg), resti non infettati (raccolti in borsa nera) che sono cartoni, carta plastico e materiale combustibile (altri circa 200Kg). I rifiuti biologici provenienti dalla cucina vengono destinati a diventare concime per il campo e accumulati in una buca coperta e non vengono pesati . I residui corto punzanti, come aghi di siringhe , resti di fiale , lamine bisturi (circa 6 kg all’anno) sono invece raccolti in recipienti chiusi e consistenti con bocca stretta, disinfettati con cloro e eliminati in un pozzo appositamente costruito e sigillato dove vengono gettati periodicamente.

Durante la giornata, le sue mansioni sono quelle di seguire gli animali, allevando i conigli, seguendo il cane, il “llama” la pecore senza trascurare le piante oltre al mantenimento dei giardini che sempre devono essere curati tagliando l’erba con la macchina tagliaerba. Oltre a questo non trascura la mansione di seguire un piccolo orto coperto, ( tipo serra) dove si producono un po`di ortaggi per il personale dell’Ospedale.
Altro incarico è il mantenimento dei motori, prevedendo il cambio periodico dell’olio per le varie macchine che servono per il funzionamento dell’Ospedale. Così controlla le apparecchiature centralizzate dell’ossigeno, il compressore, il vacuom e il motogeneratore di Emergenza in caso di salti improvvisi di corrente oltre agli altri motori come i tagliaerba, l’idro-pulitrice e le automobili compresa l’ambulanza.

Esther con il tempo pienamente occupato, è diventata una figura chiave e tuttofare oltre che ufficialmente ricoprire l’incarico di portinaia dell’Ospedale.
Come il contadino deve improvvisarsi ricoprendo varie mansioni, come curare la terra e gli animali ma anche la casa e le attrezzature per il funzionamento che richiedono mantenimento e cura.
Queste mansioni affidategli richiederebbero maggior preparazione, ma la sua passione supera le carenze e la sua responsabilità la coinvolge pienamente.

Dicevo che Esther è ufficialmente riconosciuta come la portinaia dell’Ospedale. Questa mansione gli ha permesso evidenziare il suo importante carisma facendola conoscere con le sue migliori virtù evidenziate nel meritato riconoscimento pubblico e che è la sua sensibilità umana con spiccata attenzione alle persone che incontra bisognose di aiuto.
E` conosciuta e ricercata per la sua dote sensibile; sa commuoversi facilmente di fronte al dolore dell’altro. Conosce tutti nel paese e, quando vi è un funerale, non trascura un segno di amicizia e vicinanza con un ramo di palma o un fiore.

Gli animali che segue, la conoscono perché li chiama ognuno per nome; da lei hanno cure e cibo e quando si deve sacrificare un coniglio, la vedo piangere per la perdita di una creatura che lei ha fatto crescere. Per la persona le sue attenzioni diventano un Dono prezioso. E’ conosciuta da tutti sia per le intrecciate relazioni famigliari che esistono tra le famiglie del paese e che sono estese alle comunità limitrofe. La “chicha”, è un motivo cementante per la relazione con gli abitanti del paese .
Questa sua inclinazione l’avvantaggia più di ogni altro, perché gli permette un avvicinamento sociale e culturale che la pone allo stesso livello degli ultimi che trova insieme nella chiceria. Per questo Esther è diventata la persona cercata come un ponte che permette raccorciare le distanze e facilita l’intesa tra noi e il malato povero quando questi è nel bisogno e richiede i servizi dell’Ospedale. E’ ancora lei che dà sicurezza al bisognoso che si avvicina timoroso ad un ambiente nuovo e, conoscendo le condizioni di difficoltà di molte famiglie, diventa intermediaria per raccomandare e far condonare il conto oppure ribassare i costi dell’operazione quando i costi si incrementano per gli specialisti.

Le infermiere, che come lei parlano fluidamente la lingua locale (il quechua), pur provenendo dalla stessa cultura del posto, non sempre riescono a convincere la persona che soffre del beneficio che può trovare con un necessario e urgente intervento chirurgico che riesce a salvare la vita.
Il suo è un dono innato per guadagnarsi subito la fiducia della persona che incontra.
Quando le infermiere desistono e non riescono a convincere la persona della bontà di un atto chirurgico necessario per salvare la vita, Esther riesce a intendersi e a far cambiare la decisione iniziale negativa e radicale quasi sempre dettata dalla paura…Questo risultato per la persona più umile, a volte equivale a una decisione importante e unica per far continuare la vita.

E` lei che diventa la garanzia e trova la mediazione adatta quando qualcuno non riesce a pagare il conto delle spese sostenute e si intende con loro trovando la miglior soluzione.
In questo ci mette passione e cuore; questo dice quanto vuole bene alla sua gente con la quale si identifica e, nello stesso tempo è ricambiata e gli vogliono bene. Quando vi è diffidenza per il camice bianco, è lei che abbatte questa distanza e parla bene di noi, dei nostri risultati portando esempi di malati guariti…Una figura chiave che supera la professionalità di molte assistenti sociali che normalmente si trovano nei grossi ospedali.
Di fronte alla paura delle persone che per la prima volta si avvicinano allospedale, la sua confidenza è importante, li rassicura in quechua quando passano la porta dell’Emergenza dicendo loro che fondamentalmente troveranno qui amici per aiutarli. Questo serve per abbattere quel muro di diffidenza e spianare la via senza barriere.

Tante persone volontarie sono venute dall’Italia e da altre parti per conoscere la nostra attività e certamente non scordano la sua figura nell’accompagnarci alla visita delle comunità per trovare alcuni malati o persone guarite. Per condividere insieme questi momenti di avvicinamento serve il “pijcho di coca” , il dono preferito che elimina diffidenza e distanze.
Personalmente la mia famiglia, riserva per Esther un affetto speciale con grandi ricordi per le attenzioni dimostrate soprattutto nei primi tempi della crescita delle figlie. E’ ancora lei che, mentre io e Margarita eravamo occupati per le incombenze dell’Ospedale e per il laboratorio , ha custodito ognuna delle quattro figlie, caricandole in spalla nell’aguayo per farle addormentare dondolandole dolcemente. I primi passi con la crescita dei primi anni che per tutti rimangono nella memoria, per le mie figlie sono segnate dalla presenza di Esther e la piena fiducia in lei riposta negli anni che sono serviti per sviluppare l’Ospedale.

Esther, seppure da anni è una nostra dipendente, non rispetta sempre le regole del lavoro e questo crea un po`di difficoltà con il personale a contratto. Forte della fiducia che sente accresciuta con noi, si sente libera di prendere il tempo necessario per mantenere vive le relazioni pubbliche nel paese. E questo la espone maggiormente alla “tentazione“ per le amicizie che forzano sulla sua debolezza per passargli il bicchiere o il boccale di chicha.
Quando poi l’alcool scioglie la lingua in forma libera, ritornando in ospedale, diventa un problema per il personale che viene offeso e coinvolto in problemi. In quei momenti, che quasi sempre coincidono con le feste del paese, ora feste ridotte a scadenze trimestrali o quadrimestrali, si consiglia di evitare Esther e invitarla a ritirarsi per dormire e passare oltre per dimenticare l’accaduto.
Come ogni persona nasconde luci e ombre, virtu` e difetti…ma la forza che dimostra Esther è la sua grande determinazione per ripartire sempre nuovamente dopo ogni caduta…
Questo incoraggia a perdonarla, a capirla per le sue mancanze; il cuore grande che dimostra avere, la trasforma in una persona speciale che sente suo il dolore dell’altro in difficoltà perché è parte del suo mondo e del suo paese.

Dott. Pietro Gamba

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