Felipa non ce l’abbiamo fatta

9 Aprile 2015

Scrivo di Felipa, 66 anni proveniente da una comunità delle montagne lontane e arrivata qui con un seguito di parenti e di incartamenti che da subito chiarivano la gravità della diagnosi con un cancro allo stomaco trascurato da anni e con subentrata anemia cronica.
Dalle 3 del pomeriggio di ieri, fino alle 1,30 del mattino di oggi siamo rimasti in sala operatoria per estirpare e togliere il male dello stomaco. Sono state necessarie tre fasi per il sopraggiunto sanguinamento post chirurgico che ci ha sorpreso. Per me è stata una feroce lotta dapprima per cercare il sangue dai parenti e poi mantenere in vita la paziente che, con l’anestesia, ha registrato livelli di pressione troppo bassi e poi un ulteriore aggravamento dell’anemia divenuta acuta.
Stamattina l’arresa facendo sembrare il nostro sforzo del tutto inutile. Le domande ora sembrano susseguirsi veloci in corpo dell’intero personale dell’Ospedale. Perché ci siamo avventurati a tanto? Perché i parenti sono stati così decisi ad esigerci, sapendo anche il peggio?

Il cancro imprigionava una grossa vena mesenterica che forzosamente si è dovuta sezionare e poi rivitalizzare con una protesi vascolare che ha permesso la circolazione venosa. E’ stata una sfida e una prova importante per tutto il personale.
Il marito di Felipa dal nostro primo incontro e dopo le ponderate spiegazioni dei rischi cui si dovevano affrontare, aveva deciso di lasciarla al suo destino senza l’intervento chirurgico. Ma improvvisamente, dopo un incontro tra loro della famiglia con Felipa, hanno cambiato decisione come ultimo segno di benevolenza con la loro madre, hanno offerto questa ultima e estrema possibilità di salvezza. Non ce l’abbiamo fatta. Ora, questo suona come una sconfortante sconfitta, anche se sentiamo dentro di aver dato la nostra parte migliore senza i migliori risultati. Felipa, ci raccontano ora i parenti, ha voluto l’intervento sopra ogni ragione, minacciando che se fosse tornata a casa con i conosciuti supplizi, avrebbe preso il veleno.
L’intervento offerto a Felipa, rimane un nostro dono anche se con poche speranze, con tutto l’alto potere che questo vuole racchiudere, anche se ora ci rimane un particolare sapore.

Quello che ci fa forti è l’aver offerto la nostra competenza, le nostre conoscenze portando i migliori chirurghi nell’intervento e con una nostra notte passata insonne. Alla fine affidiamo al Signore questo scarso risultato.
L’intesa assecondata e con poche speranze, ci insegna e ripaga come un dono per sentirci medici con vocazione.

Un augurio fraterno di Buona Pasqua a tutti gli amici che ci seguono.

Pietro e Famiglia e collaboratori Anzaldo.

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