Julieta

5 Giugno 2010

Ecco il racconto di Puy e Raquel (studentesse di infermeria dell’Università Privada de Navarra (Spagna,) da tre mesi in Anzaldo per borsa di studio di Cooperazione).

“Tutto era nuovo quella notte: i falò, gli “anticuchos”, la tradizione di dipingere gli animali… Sentivamo il piacere e il gusto per questa tradizione tanto antica in Anzaldo e senza dubbio a noi nuova.

Erano le dieci e mezza di sera, quando all’improvviso si sente un camion che suona insistentemente il clacson, giunge sino alla porta dell’ospedale e si ferma. E’ un’emergenza!

Si sentivano le grida di pianto una bambina, l’intensità delle grida facevano intendere l’intensità del dolore. Ci siamo affrettati a soccorrere la bambina cercando di capire cosa era successo. Che cosa stava facendo tanto soffrire questa bambina?

L’immagine che si apriva davanti ai nostri occhi spiegava il perché di questo pianto e queste urla strazianti.

La sua pelle che ricopre il corpo della bambina, questa barriera che ci protegge dalla maggior parte delle aggressioni esterne, era completamente scollata dal suo corpo. La sua situazione era destinata a peggiorare e lei era cosciente di tutto quanto succedeva. Il fuoco aveva separato questa unione tanto forte. La bambina chiedeva aiuto disperata, non poteva resistere. Le sue grida si sono accentuate quando ha visto riflesso il suo volto allo specchio dell’infermeria. La sua espressione era angosciante. Che fare in questa situazione? Le nostre gambe tremavano, e non riuscivamo a commentare nulla.

Era assolutamente necessario trasportare la bambina – Julieta – in un ospedale più attrezzato a Cochabamba; doveva essere accompagnata da due infermiere e noi, d’impulso, ci offrimmo senza alcuna esitazione. Ci venne spontanea questa decisione, il nostro cuore ce lo imponeva.

Durante il viaggio la bambina non poteva stare tranquilla. Ogni posizione che assumeva le provocava dolore sempre maggiore. Il suo corpo era troppo sensibile in quella situazione!

Provammo diverse sensazioni in quei momenti! Constatare che le nostre capacità, le nostre mani, la nostra conoscenza erano vane di fronte al potere del fuoco…. Facevamo fatica ad accettare questa realtà.

Ora Julieta, dopo tante sofferenze, sta’ combattendo un duello con la vita.

Vorremmo che tutto il dolore provato in questa lunga notte la renda vincitrice di questa dura lotta”.

Puy e Raquel

Ricordo lo sguardo disperato di Julieta, supplicante aiuto e noi che, impotenti, scoprivamo quella pelle accartocciata dal fuoco di San Juan. Uno gioco con il fuoco tra ragazzi, conclusosi in tragedia! Tutto il suo corpo, senza risparmiare braccia, mani, faccia, gambe, piedi e tronco, era stato raggiunto dalle fiamme che l’hanno imprigionata in un angolo dal quale, per uscirne, ha dovuto sfidare l’incendio.

“Salvatemi” questo era il suo grido straziante che ancora è vivo in me; il grido di una bambina di 12 anni che può essere tua figlia.

Questo grido ci ricorda la nostra impotenza, il limite dell’essere medico, che a volte ci fa credere d’essere qualcuno senza misurarci con il limite della vita!

Ci ha chiesto da bere, molta acqua. Gli abbiamo dato uno, due tre bicchieri e poi in vena i primi liquidi urgenti e la morfina per il trasporto, in ambulanza, assieme alle infermiere Puy e Raquel.

Sappiamo dal Centro Ustionati di Cochabamba che Julieta sta’ peggiorando e che solo un miracolo potrà salvarla.

In Anzaldo Julieta è conosciuta perché frequenta la scuola e tutti noi, in questo momento di dolore, compresi i suoi compagni e i professori, siamo uniti nella preghiera, accompagnati dalla speranza di un recupero.

Forza Julieta!

Pietro

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