La partenza di Stefano

5 Aprile 2013

Pietro: Tra un paio di giorni ritornerai a Pavia e riprenderai la tua vita di sempre, nelle corsie e nel pronto Soccorso per riprendere la tua specialità del secondo anno di Medicina d’Urgenza. Qui lasci una bella testimonianza e, avendo seguito con me le attività quotidiane, lasci calore, animo per fortificare ogni cosa dal di dentro, passione e forza che è l’entusiasmo e caratteristica dei giovani intraprendenti che si avvalgono dei nuovi mezzi a disposizione (internet) per aggiornare l’abituale, esaminarlo e rinnovarlo.

Stefano: Tra un paio di giorni tornerò alla mia abituale attività. Porto a casa con me un bagaglio di esperienze che cambieranno, in meglio, l’approccio alla mia attività lavorativa ed alle situazioni di tutti i giorni. Ad Anzaldo hai creato e cerchi di portare avanti una grande famiglia che si vuole bene, in cui i medici (Antoine e Marco), le infermiere (Sefi, Daney, Rosa e Anita), la biochimica Patty, le cuoche (Delia e Anna) e la lavoratrice instancabile Ester sono valorizzati allo stesso modo. Tu e la tua famiglia, dal primo all’ultimo momento, mi avete dimostrato una generosità ed una disponibilità completa davvero genuina come raramente si incontra (sarà stata l’aria dell’altipiano, ma la mia fame era davvero tanta e sempre ho trovato uno anzi tre panini con uova e salame a qualunque ora del giorno!).

Pietro: Ti ho passato la mia esperienza, quello che meglio so fare e che uno vuole possedere nella vita professionale. Non ho avuto segreti a farti mettere la spinale, la peri-durale con catetere e tu hai risposto in Emergenza, applicando quello che qui era urgente, mettendo una cannula venosa centrale, la toracentesi e usando in pompa farmaci con dosaggi sicuri e per un miglior controllo dei risultati.

Stefano: Ho cercato di mettere a disposizione tutta la mia (poca) esperienza e le mie capacità. Ho cercato di fare del mio meglio per contribuire al progetto che tu, 27 anni fa, hai disegnato, costruito e mantenuto fino ad oggi. Mi hai insegnato che la passione è fondamentale per seguire le nostre volontà e che senza di quella non si va da nessuna parte. Perché è solo la passione che ti fa riordinare un magazzino immenso nelle domeniche soleggiate estive invece di dedicare queste giornate ad alto. E io sono stato molto felice di aiutarti in questo.

Pietro: Ti ho avvicinato al nostro quotidiano, fatto di incontri con i pazienti che ci cercano per la consulta medica. Tra questi hai potuto capire il nostro ordinario con diverse persone che si visitano. Alcune di queste diventano a noi più vicine, per i bisogni che richiedono aiuto con una risposta da prendere sul momento, perché ai poveri non solo dobbiamo Carità ma anche giustizia attraverso i nostri atti.

Stefano: Ho imparato che la decisione da prendere per il paziente che ho davanti è la stessa che prenderei per mio fratello, per mia madre, per mia nonna. Ho imparato che i valori più belli della cura del paziente non sono solo la prescrizione dei farmaci migliori di cui ha bisogno, ma piuttosto il tempo, le parole, le spiegazioni che tu sempre gli dedichi e la percezione dell’importanza che ha il valore della sua vita per te. Questa è il motivo per cui al tuo ospedale accedono persone da ogni parte della Bolivia. Perché non importa i milioni di Boliviani che si investono in programmi di salute se questi non sono accompagnati da un sincero interesse per la cura della persona. E i campesinos questa differenza eccome se la sentono!

Pietro: Ti ho portato a Challviri, in qualche comunità più vicina, a Viloco perché la tua esplorazione non rimanesse limitata tra i muri dell’ospedale. Conoscere da dove provengono queste persone che ci visitano e andare a trovarle nelle loro case, osservandole mentre svolgono il loro lavoro, ascoltarli, partecipare la loro difficoltà, questo avvicina e ci aiuta a capire un mondo a noi culturalmente distante, e la difficoltà che esiste per tanti quando cercano un aiuto per la loro salute.

Stefano: Non esiste altro modo per capire davvero. Lavorare con zappe fatte di una lastra di ferro legata ad un bastone di legno che arano un terreno che contiene più pietre che terra, mangiare sempre e solo mais con patate, patate e patate perchè sono gli unici frutti che crescono in quel terreno, dormire su tavole di legno senza materassi con strati di coperte pesantissime per proteggersi dal freddo pungente d’estate come d’inverno, lavorare dentro una miniera con i piedi sempre immersi nell’acqua ghiacciata con una luce fioca che a malapena ti permette di vedere cosa stai facendo, respirando aria tossica senza protezione tutti i santi giorni della tua vita per 30 anni non è immaginabile o comprensibile per chi con i propri sensi non ha visto, sentito, toccato, gustato ed annusato tutto questo. E in tutto questo vedi che uccidono la più bella pecora che posseggono per festeggiare con un pasto di carne la tua visita. E dopo tre giorni quelle stesse persone vengono nel tuo ospedale distante molte ore dalla loro casa perché vogliono farsi curare da te e solo da te. Perché si fidano di te. Perché sono sicuri che la fiducia che ripongono in te tu non la tradirai mai.

Pietro: Allora ritornerai a sostituirmi nei prossimi anni a Dio piacendo?

Stefano: Faró di tutto per onorare un compromesso che mi sta a cuore.

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