Martin e Uldarico: due poveri che insegnano

26 Settembre 2017

Se ne sono andati, a poco tempo di distanza l’uno dall’altro e nello stesso modo, finiti ambedue in un burrone e ambedue ritrovati solamente quando non tornarono più alla loro casa.

Erano considerati poveri, nullatenenti, ultrasessantenni …per me due amici silenziosi per identificarmi con loro con alta stima.

Martin, molto conosciuto in Anzaldo da tutti e da sempre come il “loco” del paese per le sue manifestazioni distaccate da un normale modo di fare. Era indipendente da tutti nei suoi modi di fare e viveva il suo mondo. Non obbediva a convenevoli, non ringraziava quando riceveva qualcosa, sapeva stringere la mano e non salutava. Sorrideva e parlava a se stesso senza molta partecipazione.

Di lui ricordo quando in piazza ci ritrovammo vicini a un’autorità politica dalla Prefettura venuta in paese per assistere all’elezione del Sindaco.

Questa persona ben vestita si distingueva con ostentazione per essere importante dell’incarico che copriva. In mezzo alla gente, il funzionario statale era salito su un gradino laterale del Comune, che lo innalzava sulla folla con distacco e mostrando la sua autorità. Aveva la sigaretta in bocca e stava fumando. Improvvisamente Martin l’ha affiancato con una sua “kuyuna” in bocca (una sigaretta fatta a mano) e, senza nessun permesso, tolse la sigaretta dalla bocca al funzionario e si accese tranquillamente la sua sigarette per poi rimettere la sigaretta nella bocca dell’importante personaggio che, da me visto, era stato ridicolizzato da Martin ribassandolo a poco più che una persona normale. Il fatto compiuto da Martin era normalissimo, visto dai normali era rimproverabile perché senza i dovuti rispetti e permessi! Una specie di rivincita del povero sul ricco che resta distaccato dal suo mondo!

Il gesto di Martin è stato possibile per la sua completa libertà di agire per la sua condizione disinibita e non rimproverabile.

Vestiva sempre il suo tipico poncio con cappello da campesino dove metteva una cinta per collezionare aghi e spine lunghe che raccoglieva. Non accumulava nulla per il domani e viveva di quello che gli dava la gente… un modo evangelico impersonato in quel passaggio che dice: “…a ogni giorno il suo affanno”. Ogni tanto si presentava con un vestito diverso; sapeva chiedere una camicia o un pantalone usato quando era troppo malandato… Passava così i sui giorni nel paese senza fare male a nessuno; lo si trovava con il suo immancabile poncio a spalla tutto l’anno che custodiva gelosamente perché era la sua unica coperta per dormire.

In paese la voce si è sparsa velocemente dopo la sua improvvisa scomparsa anche perché, dopo l’allarme, nessuno l’ha più visto girare in paese.

Alcuni, speculando, dicevano che una macchina forestiera l’aveva caricato per traffico d’organi. Altri, essendo sparito dopo un forte e violento temporale con forte precipitazione improvvisa, dicevano che il torrente l’aveva portato via mentre normalmente andava a fare legna e prima o dopo l’avremmo ritrovato a valle dove le montagne si appianano.

La speranza di trovarlo piano piano è andata spegnendosi con il passare dei giorni. Senza alcun risultato, quasi ci si era dimenticati di lui. Era poco importante per aprire ricerche migliori e nessuno più aveva notizie di lui.

Pochi giorni fa, un cacciatore a caccia di pernici, con sorpresa ha ritrovato il suo poncio e le sue “abarcas” di copertone di gomma accanto a qualche ossa in decomposizione.

Era in un burrone, decomposto per i cani randagi, come lui, che del suo corpo ne hanno fatto bottino. Forse è caduto, e fratturandosi, senza più riuscire a muoversi, ha trovato l’inclemenza dell’acqua che si è fatta forte per intrappolarlo senza possibilità di uscita.

Martin era conosciuto in Anzaldo soprattutto per le sue urla ossessive. Erano versi che si ascoltavano nella notte e coincidevano quando la luna era piena. Il suo corpo si difendeva e faceva salti con urla, movimenti che ripeteva e che richiedevano una grande forza. Come se dovesse difendersi da attacchi di qualcuno che lo minacciava e che doveva scacciare. Il morbo che aveva nessuno l’ha diagnosticato! Contorceva il suo corpo con scatti ripetitivi, come se avesse dovuto affrontare e gridare a qualcuno emettendo urla che svegliavano l’attenzione di chi incuriosito lo seguiva nei suoi movimenti. La sua era una lotta contro spiriti, o chissà quale maleficio vedeva per difendersi urlando con striduli da paura! Alla fine stremato, poteva calmarsi dopo ore quando si trovava vinto dalla fatica! Dormiva dove gli capitava. Anche nell’inverno freddo lo trovavamo sotto il portico dell’ospedale nel suo angolo preferito. Rifiutava coperte e ogni tipo di branda. Dormiva per terra e non si riusciva a convincerlo a dormire in un letto. Gli era sufficiente il suo poncio come coperta. Una resistenza invidiabile e superiore a tutti.

Per mettere soggezione ai bambini nei loro capricci (ricordo che lo steso stratagemma l’ho usato anche io per le mie bambine) ingiustamente si diceva “guarda che chiamo il Martin” perché il suo aspetto incuteva paura come fosse spiritato.

Era un nostro cliente in ospedale; a volte si sedeva tutta la mattina con i pazienti della consulta e aspettava l’ora della cucina per un piatto di cibo. Il suo era un atteggiamento non pesante, non ossessivo… un piatto non manca per nessuno.

A volte si perdeva per tempi lunghi, anche settimane o mesi, per poi puntualmente ritornare a chiedere, come un suo diritto acquisito e dovuto, che non gli è mai stato negato.

Così chiedeva anche qualche soldo. Non conosceva le monete ma sapeva che servivano per andare alla “chicheria” (la nostra osteria) per qualche bicchiere di “chicha” la bevanda alcoolica di questi posti. Non è mai stato considerato un ubriaco o alcoolizzato. Invece un malato diverso senza diagnosi e senza cure se non quella di dargli comprensione e pazienza.

L’altro povero che ci ha lasciati improvvisamente è Uldarico, ritrovato anche lui senza vita in un profondo burrone dopo alcuni giorni di ricerca.

Uldarico era di Masias, una comunità vicina a Anzaldo, e conosciuto nel nostro ambiente dell’Ospedale perché, una decina di anni fa, era stato operato dapprima di cataratta e poi per una uveite.

Nel corso degli anni, poco a poco la malattia è andata progredendo togliendogli la vista per lasciarlo completamente cieco. Si muoveva poi con un piccolo bastone di legno per farsi strada e quasi sempre era accompagnato da sua moglie, l’unica a lui rimasta vicina. L’ultimo ricordo che conservo di lui, è stata una visita alla sua comunità, andando a trovarlo nella sua casa. Lo trovai da solo in un’abitazione umile e molto povera. Ricordo il suo calore, ricco di manifesta accoglienza e il suo regalo prima di lasciarci. Era una manciata di frumento tostato, il suo unico alimento. Rimasi stupito di una vita così dura. Già condannato da un’umiliante povertà, con la cecità dovette arrangiarsi in un posto isolato nei sui campi. Quei chicchi di frumento erano la sua riconoscenza, quello che serve quando, camminando a piedi, percorrono lunghe distanze.

La mancanza completa della vista lo aveva costretto a rinchiudersi; pensava sempre con grande speranza di poter un giorno recuperare la vista, un dono che sempre aveva conosciuto e avuto. Al mio oftalmologo che viene in Anzaldo ogni mese, ho chiesto se si poteva fare qualcosa per lui… ma la malattia purtroppo non lasciava scampo e speranza. Di lui ricordo un suo peculiare gesto per me immeritato. Quando gli passavo nelle sue mani un collirio per ammorbidire gli occhi (che lui sperava potesse ridargli la vista) non avendo nulla per pagare, mi contraccambiava cercando la mia mano per stringerla alla sua bocca e per baciarla. Qui questo gesto del baciare la mano non è usuale. Non si bacia la mano a nessuno nemmeno ai potenti! Solo da Uldarico ricordo questo gesto di alta stima! Non aveva nulla per pagare le medicine e i medici, ma la sua umiltà grande arrivava a toccare il cuore come fosse una sua benedizione. Martin e Uldarico, due poveri qui conosciuti, grandi in semplicità di vita senza pretese di insegnare niente a nessuno ma dai quali si può imparare molto nel loro semplice modo di essere in vita e, senza dubbio, ora li ricordo in un posto speciale e unico del Paradiso.

Dr. Pietro Gamba

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