Pensiero per Pietro

13 Novembre 2019

Ho conosciuto Pietro nel 2012 quando sono stato, come giovane medico volontario, ad Anzaldo. Da allora è passato qualche anno: mi son specializzato a Pavia in Nefrologia, ho frequentato e lavorato in diverse realtà, come Genova e Berlino, ma Anzaldo e l’Hospital Pietro Gamba conservano un posto speciale nei miei pensieri. Mi ritornano in mente spesso quei giorni. Mi capita di pensarci alle volte quando son di guardia e magari c’è un attimo di riposo, oppure quando fantastico di giri intorno al mondo. Ho girato abbastanza nel corso della mia vita, posti molto lontani tra loro e molto lontani dall’Italia, luoghi remoti e quasi inaccessibili. Anzaldo si può inserire tra questi, alle pendici dell’altopiano andino, collegato a Cochabamba da una strada impervia che la rende una meta quasi mistica da raggiungere.

La mia permanenza ad Anzaldo però ha rappresentato qualcosa di più: conoscere e curare i campesinos, visitare le comunità, piccole realtà ancora non intaccate dalla civiltà globalizzata e dare il mio piccolo contributo a questo enorme progetto di una vita che è l’Hospital di Pietro Gamba. Che se provi a pensarlo tutto insieme questa grande cosa, ti sembra quasi impossibile che un uomo abbia avuto la forza e la perseveranza di realizzare e proteggere questo progetto per più di 30 anni. Arrivare lì ai confini del mondo e pian piano costruire un ospedale, portare la corrente elettrica, l’acqua corrente, lottare contro la diffidenza e contro chi vuole approfittarsene.

La mia permanenza lì è stata intensa lavorativamente, molto stimolante e a tratti faticosa. Turni di due settimane ad Anzaldo e poi un weekend di “descanso” a Cochabamba. Freddo, freddissimo a 3000 metri con poco riscaldamento. Mi ricordo il cuscino ghiacciato alla mattina, i giri in reparto con due maglioni di lana sotto al camice. Ad Anzaldo c’è poco o nulla di quello a cui siamo abituati nelle nostre vite: non un cinema, non un locale dove tirare tardi, pochi negozi mezzo vuoti. Ma è stato forse uno dei periodi più belli della mia vita, ogni persona che passava di lì aveva una storia diversa, così lontane dal nostro immaginario. Le giornate ad Anzaldo non son fatte di cose, ma di relazioni umane, di esperienze e di racconti e Pietro è un grande oratore oltre che un lavoratore instancabile.

Dietro ad ogni campesinos c’era una storia e lui la conosceva e te la raccontava. Alle volte erano storie drammatiche, altre divertenti. Quello che fa Pietro ad Anzaldo è qualcosa di grande, di importante ed è per questo che quando ho letto che l’Ospedale stava facendo dei lavori di ristrutturazione ed era partita una raccolta fondi straordinaria mi son attivato. Ho scritto a Pietro è mi ha risposto subito, entusiasta della mia mail, ricaricato, da una semplice dimostrazione di affetto e di vicinanza, di uno dei tanti volontari che in 30 anni son passati da Anzaldo. Questo da un’idea della sua grande forza d’animo: riesce a trarre la forza per andare avanti in percorso così difficile, così estremo, di dedizione verso il prossimo, verso gli ultimi, grazie alla sua fede inossidabile e grazie anche a questi piccoli gesti.

Con Stefano avevamo organizzato una conferenza al Festival della Scienza di Genova per fine ottobre, gli ho detto: “vado a Stezzano a recuperare un po’ di materiale da esporre al Festival”, “grande! Bella idea” mi ha risposto. Era una conferenza di medicina, divulgativa, indirizzata soprattutto ai giovani: quale atmosfera più indicata. Perché la storia dell’Hospital Pietro Gamba è anche una storia di medicina e scienza, fatta ai confini del mondo, ma con grande professionalità oltre che dedizione. L’intelligenza e la bravura di Pietro si vedono anche in questo: livelli di cura elevati, personale fisso e volontario preparato, che creano un ambiente florido e stimolante. Riunioni per discutere i casi clinici, incontri settimanali per aggiornarsi sullo stato dell’arte di una determinata patologia: un’organizzazione difficile da realizzare nei nostri ospedali occidentali, Pietro l’ha realizzato ad Anzaldo Bolivia.

Ecco per me l’Hospital di Pietro Gamba rappresenta anche questo: la Scienza e la Medicina per gli ultimi e i più deboli.

Adesso prendo in mano io la tastiera. Sono Stefano, amico di Edoardo, ammiratore di Pietro da quando, nel 2013, mi ha aperto le porte del paradiso che ha creato. 3 mesi a respirare un taglio di medicina umanitaria davvero genuino, onesto, che ti arricchisce attraverso infinite sfumature. Come me, tantissime altre persone sono rimaste coinvolte nel profondo e cercano nella loro quotidianità di supportarlo e aiutarlo in questo percorso. Qui cito Antonio Castaldello, che ormai da tempo immemore dedica tantissime energie della sua vita alla Fondazione Pietro Gamba cercando risorse e diffondendo la cultura dell’opera di Pietro. Con lui numerose persone sottraggono tempo a loro stessi e alla famiglia per realizzare questa bellissima storia. Spero tanto che un giorno la piccola Diana, la figlia di Edoardo in procinto di vedere la luce, possa respirare l’aria andina e vivere le emozioni che hanno reso suo papà e me persone migliori.

Edoardo La Porta e Stefano Geniere

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