Un gesto che rigenera forza

25 Luglio 2013

Oggi è la festa del patrono di Anzaldo.
Nell’intera giornata si sono sentiti gli spari dei mortaretti, le bande musicali e i gruppi folklorici che hanno sfilato anche davanti all’Ospedale.
I pazienti non sono mancati perché, mentre si svolgeva la festa, hanno approfittato per farsi fare visita medica senza neppure darmi il tempo per scendere in piazza.
In Ospedale abbiamo ricoverati sei pazienti che, dopo l’intervento chirurgico, si stanno riprendendo molto bene.
Uno di loro è con noi da un mese e il suo recupero è difficile.
Si chiama Faustino, è un giovane di 38 anni con 5 figli.

Ha superato sei chirurgie per una complicazione ancora in atto di una peritonite che lo ha bloccato in ospedale.
La sua sofferenza può essere inutile, nonostante gli sforzi delle costanti cure che regolarmente sopporta due volte al giorno.
Ha l’addome aperto e viene pulito dal pus attraverso l’aspirazione dalla ferita aperta da dove fuoriesce, insieme al materiale fecale che spurga da una fistola intestinale.
Faustino, ieri si è arreso ed ha pianto chiedendo “portatemi a casa e lasciatemi morire!”
Considerando che dal suo ingresso in Ospedale è passato più di un mese e ha perso 15 kg. ha tutte le ragioni di essere esasperato!
Se molta è stata la sopportazione fisica del dolore provato, altrettanta la difficoltà nel ricomporsi, le previsioni per il futuro non sono rosee perché è destinato a soffrire ancora a causa di quel pezzo di intestino che gli è stato tolto per un cancro ulcerato che può ancora riattivarsi e che intanto ha portato la peritonite.
Una situazione che ci rattrista e ci pone di fronte alla resa per i nostri pochi mezzi.
Pesante è anche il conto che cresce.
Le persone che gli sono rimaste vicine sono la moglie e sua mamma. La moglie è orfana senza nessuna risorsa e piange per i suoi cinque bambini ancora piccoli. Da quando è in ospedale non si è mai staccata da Faustino; crede nel Signore e questo la rende forte.
La mamma ha fatto di tutto per aiutarlo utilizzando i risparmi di una vita.
E’ stata lei a rimanere in città a seguire i suoi cinque nipotini, preparandoli per la scuola e seguendoli nell’alimentazione.
Capisce la gravità di quello che sta succedendo al figlio, ma soprattutto è preoccupata e piange vedendo i bambini che aspettano il papà che non torna.
Dall’unica stanza che condividono tutti, i bambini hanno ascoltato i commenti ed sanno che il loro papà è ancora in ospedale con la pancia aperta dai chirurghi, che non si chiude.
Ora la salita è troppo dura da affrontare quando non ci sono più risorse per coprire le spese dei farmaci necessari per continuare a lottare.
Un paziente ridotto a questo stadio e senza soldi, è destinato ad essere abbandonato a se stesso con l’indifferenza totale dell’ambiente che lo circonda, come se questa pèrassi fosse la normalità, quindi nessuno si scompone con reclami.
Andando contro questo consolidato modo di procedere, restando vicini con i fatti e con l’aiuto solidale, nonostante per noi questo significhi alti costi non senza rischi, vogliamo far sentire il nostro pieno e concreto appoggio a Faustino, affinché non perda fiducia nell’uomo che gli è prossimo e vicino.
Da domani inizieremo un’alimentazione supplementare attraverso un catetere giugulare, un’esperienza che per noi non è famigliare.
Un chirurgo verrà dalla città in appoggio alla nostra struttura, con ciò dimostrando a tutti un autentico esempio di audacia e disponibilità.
Domani Romero, (il chirurgo) percorrerà i 70 Km. che ci allontanano dalla città, non solo per insegnarci la parte tecnica della nutrizione parenterale, ma per testimoniarci l’alto valore del disinteresse generoso e distaccato da calcoli matematici, insegnando la Solidarietà concreta, e scrivendo una pagina di valore sempre più raro da apprezzare nei professionisti dedicati ad aiutare gli altri nella salute.
Vogliamo che Faustino viva.

 

Noi adopereremo tutti gli sforzi possibili e tutt l’impegno necessario per mantenerlo in vita; l’anno scorso ci siamo riusciti con Cipri.
E’ grande l’esempio quando la decisione che si prende è costosa e racchiude rischi; questo aiuta a formare il coraggio.
Per me che sono stato ciclista, è come quando ti vuoi staccare dal gruppo, che impone scattare con forza superiore a chi ti segue, esponendoti al rischio che può fallire, ma che genera emozioni forti, nuove e diverse.
Insomma il premio è da conquistare con audacia senza rimanere nella comodità, nella protezione e nella sicurezza che lo stare nel gruppo genera.

Uscire all’aperto significa dimostrare nuove energie di forza che si fanno visibili nei fatti che poi tutti riconoscono e leggono nonostante le diversità esistenti di lingua e di cultura.
Questa forza è l’esempio che molti con attenzione vogliono vedere prima di credere.
E’ il rischio del “ buon samaritano“ che si ferma senza calcoli di fronte all’infortunato aggredito e bisognoso di aiuto.
Il buon samaritano ci viene fatto conoscere da Gesù come la persona buona che sa amare il prossimo.
L’emozione di aiutare proviene proprio nel dare un passo concreto senza lasciarsi condizionare dai calcoli.
E questa elevazione è il Bene che fa bene.

 

Dott. Pietro Gamba

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